Nick Drake
Nick drake
Autore: Giancarlo TurraPREZZO: 13,00€

Nick Drake. La strada verso il blu
Director's Cut #38 (aprile 2025) • 116 pagine b/n • 13,00 euro
Di Nick Drake ognuno serba un ritratto esclusivo e tutti sono molto lontani dal potersi dire definitivi, con tutte le difficoltà che ne conseguono in termini di narrazione biografica e di analisi critica. Nonostante ciò, proviamo a raccontare l’uomo e l’artista, i dischi e l’esistenza, cercando di capire quanto ogni singolo aspetto si intrecci e si sovrapponga in un rebus che più si prova a decifrare e più si dimostra irrisolvibile. Ne è uscito un enigma che, nato come un “a sé”, è svanito in sé per consegnare ogni segreto, ogni traccia e ogni impronta della sua anima a una musica sul serio unica, irripetibile. A una musica senza tempo che ci conosce, ci ama, ci è amica.
► Giancarlo Turra collabora con Blow Up dall’estate 2024. Nato sotto il segno dei Pesci, è riservato, iperattivo e vegetariano. Ha scritto per le riviste Il Mucchio ed Extra, ha contribuito a un fascicolo monografico sui Cure per Classic Rock uscito anche in formato libro con il titolo “The Cure-tutti gli album” e ha contribuito ai volumi “Rock: 1000 dischi fondamentali” e “Rock: 1000 dischi fondamentali più cento dischi di culto” editi da Giunti. In rete lo trovate sul blog Turrefazioni e sulla webzine Humans vs Robots.
[di seguito dall'Introduzione:]
“Se provo la sensazione che mi scoperchino la testa, allora so che QUELLA è poesia.” (Emily Dickinson)
“Chiamiamo artisti non solamente i creatori, ma anche coloro che godono dell’arte, che cioè sono capaci di rivivere e valutare le creazioni artistiche con i propri sensi ricettivi”. (Gustav Klimt)
“Siamo, quel che ci manca. Da per sempre.” (Carmelo Bene)
Quando affronti un colosso i polsi tremano sempre. All’entusiasmo che provi dopo aver accettato di scrivere per esteso su uno dei tuoi numi tutelari subentra una certa ansia da prestazione, regolarmente accompagnata dal timore di incappare in considerazioni trite e ritrite. Ti assale la certezza che, di fronte a un peso massimo, uscirai dal ring malamente sconfitto, con il viso tumefatto e il corpo dolorante. È un punto di non ritorno e anche una biforcazione, ma diversamente da Robert Johnson non trovi nessun Papa Legba ad aspettarti per mercanteggiare l’ispirazione: al suo posto ti piomba addosso il momento in cui capisci di dovertela cavare da solo, assumendoti ogni responsabilità e accantonando i timori reverenziali e le angosce connesse alle future reazioni di colleghi e appassionati, che immagini già pronti ad affilare le matite per farti pelo e contropelo. Così è stato a maggior ragione per Nick Drake, del quale ognuno serba un ritratto esclusivo e tutti sono lungi dal potersi dire definitivi, con quel che ne consegue in termini di narrazione biografica e di analisi critica. Ma siccome l’impegno andava onorato, ho gettato la zavorra di cui sopra e, prima di sedermi al computer, ho impiegato ore ed energie a riascoltare, rileggere, ripensare. Perché sono fermamente convinto che oggi abbia più senso osservare la popular music come un perenne divenire che vaglia il passato (remoto o prossimo, non fa differenza) attraverso le lenti del qui e ora e delle sue mutevoli dimensioni. Di conseguenza, la nostra visuale può essere – anzi: deve essere – soggetta a periodici cambi di visuale e di significato specie per quanto riguarda i classici, che per definizione sono degli avamposti insieme saldi e mobili lungo le linee del tempo e delle evoluzioni stilistiche. E poi perché il punk qualcosa mi ha insegnato: ad esempio, che gli idoli non servono però qualche modello e una bussola funzionante tornano sempre utili, che se gli artisti sono uomini e sbagliano possono comunque redimersi, che l’amore magari sarà cieco ma di certo non è sordo. [...]
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