Wadada Leo Smith
Wadada Leo Smith
di Piercarlo Poggio
[nell'immagine: Wadada Leo Smith, foto di Michael Jackson]
La recente uscita di due corposi box a cura dell’etichetta finlandese TUM (“The Emerald Duets” e “String Quartets Nos. 1-12”) ha posto i sigilli alle celebrazioni per l’ottantesimo compleanno di Wadada Leo Smith, estesisi in pratica lungo due anni e contrassegnati da un’abbondante messe di album – otto in totale, corrispondenti a oltre venti ore di musica –, a rimarcare l’inesauribile spirito di ricerca che ancora lo anima. Personaggio cardine della creative music anni Settanta, un’espressione che in buona misura lui stesso ha contribuito a definire e sostanziare con chiarezza di pensiero, scritti teorici e opere innovative, Smith ha saputo contrastare lo scorrere del tempo, restando fedele ai suoi principi senza per questo assumere posizioni di chiusura verso la contemporaneità. L’ecosistema blues del Delta del Mississippi, la pratica nelle bande dell’esercito statunitense, l’adesione precoce all’Association for the Advancement of Creative Musicians (AACM), gli studi etnomusicologici e il forte attaccamento alla comunità (intesa quale luogo privilegiato per forgiare la propria identità), sono state le coordinate entro le quali si è mosso e formato.
La sua filosofia musicale è contenuta in Notes (8 Pieces) Source A New World Music: Creative Music (Kiom Press 1973, ristampato nel 2015 da Corbett vs. Dempsey e The Renaissance Society at the University of Chicago in occasione della mostra “Wadada Leo Smith, Ankhrasmation: The Language Scores, 1967-2015”), che ebbe anche una traduzione italiana a cura del CRIM (Centro per la Ricerca sull’Improvvisazione Musicale) di Pisa, Note sulla natura della musica (Nistri-Lischi 1981, a titolo informativo ancora disponibile all’acquisto per pochi euro al momento in cui scriviamo). Sono 96 pagine fitte di spunti e riflessioni di estrema utilità se si vuole meglio comprendere l’universo dell’artista e contestualizzarne le opere, in particolare del primo periodo. Dedicato alla memoria di Joe Smith, Fats Navarro, Booker Little, Louis Armstrong e in particolare a Duke Ellington, a ribadire il fortissimo legame con il passato e la tradizione, il saggio già dalle prime battute invitava i musicisti afroamericani a una decisa presa di coscienza: «è giunto il momento per noi di impossessarci del processo di registrazione della nostra storia; di togliere questo processo al controllo di coloro che sono estranei, per la loro identità di gruppo, a ciò che noi dobbiamo fare. Non abbiamo alcun bisogno che le nostre creazioni vengano analizzate e vagliate da altri che non riescono a capire ciò che vedono. Non dobbiamo aspettare che altri documentino le loro distorsioni di ciò che possiamo dire esattamente da noi stessi». Affermazioni dal tono esageratamente perentorio, forse, ma occorre considerare le tensioni dell’epoca in cui furono pronunciate. In un altro capitolo Smith abbozzava la figura di «un tipo nuovo di improvvisatore creativo» a cui veniva richiesto di possedere «un’assoluta abilità nell’organizzare istantaneamente suono, silenzio e ritmo grazie alla propria intelligenza» e alle esperienze di vita, «comprese le sue capacità logiche e la struttura stessa della sua esistenza psicologica», e quindi di essere in grado di «instaurare una perfetta armonia fra mente e corpo». Poco oltre il discorso si faceva politico, altro segno dei tempi: «Per raggiungere questo livello musicale più avanzato, dobbiamo per prima cosa tagliare i ponti con tutta questa fabbrica di morte: affari, produzione, giornalismo e simili strumenti del Potere. Ciò significherebbe molte cose, come ad esempio il controllo economico sulla nostra musica». Parole a cui seguirono immediatamente i fatti, con la fondazione dell’etichetta Kabell e la stampa di quattro album tra il 1971 e il 1979 (“Creative Music – 1”, “Reflectativity”, “Song Of Humanity”, “Solo Music: Ahkreanvention”), riproposti in cofanetto dalla Tzadik nel 2004 con oltre due ore di bonus track in aggiunta. […]
…segue per 6 pagine nel numero 293 di Blow Up, in edicola a ottobre 2022
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#293) al costo di 10 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come ‘piego di libri’ (chi desidera una spedizione rapida ci contatti via email).
• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: non perderete neanche uno dei numeri pubblicati perché in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale vi faremo una seconda spedizione e riceverete a casa i quattro libri della collana trimestrale Director’s Cut il mese stesso della loro uscita per un risparmio complessivo di 60 euro!
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
[nell'immagine: Wadada Leo Smith, foto di Michael Jackson]
La recente uscita di due corposi box a cura dell’etichetta finlandese TUM (“The Emerald Duets” e “String Quartets Nos. 1-12”) ha posto i sigilli alle celebrazioni per l’ottantesimo compleanno di Wadada Leo Smith, estesisi in pratica lungo due anni e contrassegnati da un’abbondante messe di album – otto in totale, corrispondenti a oltre venti ore di musica –, a rimarcare l’inesauribile spirito di ricerca che ancora lo anima. Personaggio cardine della creative music anni Settanta, un’espressione che in buona misura lui stesso ha contribuito a definire e sostanziare con chiarezza di pensiero, scritti teorici e opere innovative, Smith ha saputo contrastare lo scorrere del tempo, restando fedele ai suoi principi senza per questo assumere posizioni di chiusura verso la contemporaneità. L’ecosistema blues del Delta del Mississippi, la pratica nelle bande dell’esercito statunitense, l’adesione precoce all’Association for the Advancement of Creative Musicians (AACM), gli studi etnomusicologici e il forte attaccamento alla comunità (intesa quale luogo privilegiato per forgiare la propria identità), sono state le coordinate entro le quali si è mosso e formato.
La sua filosofia musicale è contenuta in Notes (8 Pieces) Source A New World Music: Creative Music (Kiom Press 1973, ristampato nel 2015 da Corbett vs. Dempsey e The Renaissance Society at the University of Chicago in occasione della mostra “Wadada Leo Smith, Ankhrasmation: The Language Scores, 1967-2015”), che ebbe anche una traduzione italiana a cura del CRIM (Centro per la Ricerca sull’Improvvisazione Musicale) di Pisa, Note sulla natura della musica (Nistri-Lischi 1981, a titolo informativo ancora disponibile all’acquisto per pochi euro al momento in cui scriviamo). Sono 96 pagine fitte di spunti e riflessioni di estrema utilità se si vuole meglio comprendere l’universo dell’artista e contestualizzarne le opere, in particolare del primo periodo. Dedicato alla memoria di Joe Smith, Fats Navarro, Booker Little, Louis Armstrong e in particolare a Duke Ellington, a ribadire il fortissimo legame con il passato e la tradizione, il saggio già dalle prime battute invitava i musicisti afroamericani a una decisa presa di coscienza: «è giunto il momento per noi di impossessarci del processo di registrazione della nostra storia; di togliere questo processo al controllo di coloro che sono estranei, per la loro identità di gruppo, a ciò che noi dobbiamo fare. Non abbiamo alcun bisogno che le nostre creazioni vengano analizzate e vagliate da altri che non riescono a capire ciò che vedono. Non dobbiamo aspettare che altri documentino le loro distorsioni di ciò che possiamo dire esattamente da noi stessi». Affermazioni dal tono esageratamente perentorio, forse, ma occorre considerare le tensioni dell’epoca in cui furono pronunciate. In un altro capitolo Smith abbozzava la figura di «un tipo nuovo di improvvisatore creativo» a cui veniva richiesto di possedere «un’assoluta abilità nell’organizzare istantaneamente suono, silenzio e ritmo grazie alla propria intelligenza» e alle esperienze di vita, «comprese le sue capacità logiche e la struttura stessa della sua esistenza psicologica», e quindi di essere in grado di «instaurare una perfetta armonia fra mente e corpo». Poco oltre il discorso si faceva politico, altro segno dei tempi: «Per raggiungere questo livello musicale più avanzato, dobbiamo per prima cosa tagliare i ponti con tutta questa fabbrica di morte: affari, produzione, giornalismo e simili strumenti del Potere. Ciò significherebbe molte cose, come ad esempio il controllo economico sulla nostra musica». Parole a cui seguirono immediatamente i fatti, con la fondazione dell’etichetta Kabell e la stampa di quattro album tra il 1971 e il 1979 (“Creative Music – 1”, “Reflectativity”, “Song Of Humanity”, “Solo Music: Ahkreanvention”), riproposti in cofanetto dalla Tzadik nel 2004 con oltre due ore di bonus track in aggiunta. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000