Tribal Cosmic Electronica
Tribal Cosmic Electronica
di Antonio Ciarletta
[nell'immagine: HHY and the Kamplala Unit]
Tra il 1931 e il 1956 l'etnologo francese Marcel Griaule e la sua collega e connazionale Germaine Dieterlen vissero tra i Dogon, una popolazione africana del Mali che ancora oggi occupa la Falesia di Bandiagara, una formazione di roccia sedimentaria che si eleva per circa cinquecento metri dal livello del suolo. Ben presto i due studiosi entrarono in contatto con lo sciamano del villaggio, un saggio di nome Ogotemmêli, con il quale cercarono di stabilire un rapporto di fiducia reciproca. Dopo aver mostrato una certa riluttanza, l'uomo accettò di collaborare all'indagine etnografica preparata da Griaule e dalla Dieterlen e cominciò a narrare. Si apprese che la cultura di quelle genti era fondata su un antico mito cosmogonico. Ai Dogon era nota già da tempo, da almeno quattrocento anni, l'esistenza della stella denominata Sirio, come pure quella della sua “compagna” Sirio B, laddove la scoperta di quest'ultima risaliva “solo” al 1844. Oltre a sostenere l'esistenza di un terzo corpo celeste, chiamato stella del Sorgo, Ogotemmêli mostrò di conoscere l'orbita tracciata da Sirio B intorno a Sirio. Saperi astronomici complessi e per questo incompatibili con il grado di sviluppo a cui era giunta la civiltà dei Dogon.
Nel 1976 Robert K. G. Temple pubblicò un libro dal titolo “The Sirius Mystery”. Lo scrittore americano azzardò un'ipotesi a dir poco fantascientifica: le conoscenze in possesso dei Dogon non potevano che essere frutto del contatto remoto con una civiltà di tipo extraterrestre. Pura eterodossia per gli antropologi di stampo accademico. Lo studio etnografico di Griaule e dalla Dieterlen venne contestato da vari colleghi. Finirono sotto la lente di ingrandimento le affermazioni dello sciamano e i metodi utilizzati dagli studiosi francesi per ottenere le informazioni dallo stesso. A dispetto dei dubbi sulla veridicità del racconto, e nonostante le possibili forzature metodologiche, il sasso nello stagno era stato lanciato. Si fecero largo una serie di interrogativi. Cosa hanno da insegnarci i miti della creazione? È ipotizzabile che popolazioni toccate da un basso grado di civilizzazione conservino conoscenze riguardanti “l'origine del tutto”? È possibile che l'occidente civilizzato abbia perduto tali conoscenze con il graduale passaggio dal “mythos” al “logos”? Questioni irrisolte all'epoca per quanto a oggi poco frequentate. [...]
…segue per 8 pagine nel numero 278/279 di Blow Up, in edicola a luglio/agosto 2021: un balenottero di 196 pagine!
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#278/279) al costo di 10 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come piego di libri.
• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: non perderete neanche uno dei numeri pubblicati perché in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale vi faremo una seconda spedizione e riceverete a casa i quattro libri della collana trimestrale Director’s Cut il mese stesso della loro uscita per un risparmio complessivo di 60 euro!
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
[nell'immagine: HHY and the Kamplala Unit]
Tra il 1931 e il 1956 l'etnologo francese Marcel Griaule e la sua collega e connazionale Germaine Dieterlen vissero tra i Dogon, una popolazione africana del Mali che ancora oggi occupa la Falesia di Bandiagara, una formazione di roccia sedimentaria che si eleva per circa cinquecento metri dal livello del suolo. Ben presto i due studiosi entrarono in contatto con lo sciamano del villaggio, un saggio di nome Ogotemmêli, con il quale cercarono di stabilire un rapporto di fiducia reciproca. Dopo aver mostrato una certa riluttanza, l'uomo accettò di collaborare all'indagine etnografica preparata da Griaule e dalla Dieterlen e cominciò a narrare. Si apprese che la cultura di quelle genti era fondata su un antico mito cosmogonico. Ai Dogon era nota già da tempo, da almeno quattrocento anni, l'esistenza della stella denominata Sirio, come pure quella della sua “compagna” Sirio B, laddove la scoperta di quest'ultima risaliva “solo” al 1844. Oltre a sostenere l'esistenza di un terzo corpo celeste, chiamato stella del Sorgo, Ogotemmêli mostrò di conoscere l'orbita tracciata da Sirio B intorno a Sirio. Saperi astronomici complessi e per questo incompatibili con il grado di sviluppo a cui era giunta la civiltà dei Dogon.
Nel 1976 Robert K. G. Temple pubblicò un libro dal titolo “The Sirius Mystery”. Lo scrittore americano azzardò un'ipotesi a dir poco fantascientifica: le conoscenze in possesso dei Dogon non potevano che essere frutto del contatto remoto con una civiltà di tipo extraterrestre. Pura eterodossia per gli antropologi di stampo accademico. Lo studio etnografico di Griaule e dalla Dieterlen venne contestato da vari colleghi. Finirono sotto la lente di ingrandimento le affermazioni dello sciamano e i metodi utilizzati dagli studiosi francesi per ottenere le informazioni dallo stesso. A dispetto dei dubbi sulla veridicità del racconto, e nonostante le possibili forzature metodologiche, il sasso nello stagno era stato lanciato. Si fecero largo una serie di interrogativi. Cosa hanno da insegnarci i miti della creazione? È ipotizzabile che popolazioni toccate da un basso grado di civilizzazione conservino conoscenze riguardanti “l'origine del tutto”? È possibile che l'occidente civilizzato abbia perduto tali conoscenze con il graduale passaggio dal “mythos” al “logos”? Questioni irrisolte all'epoca per quanto a oggi poco frequentate. [...]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000