The Velvet Underground [Todd Haynes]
The Velvet Underground [Todd Haynes]
di Roberto Curti
Raccontare cosa siano stati i Velvet Underground, sviscerarne il ruolo e l’importanza nella musica e nella cultura popolare degli ultimi cinquanta e passa anni, e spiegare perché la loro breve esistenza abbia alimentato un culto devoto andato ben oltre i proverbiali quindici minuti di fama, era impresa da far tremare le vene e i polsi. Non che Todd Haynes fosse nuovo a progetti impegnativi quando non impervi, dal biopic su Karen Carpenter realizzato con bambole Barbie (Superstar – The Karen Carpenter Story) alla rilettura dell’epopea glam come una versione fantascientifica di Quarto potere di Velvet Goldmine, fino alla decostruzione dell’universo-Dylan in Io non sono qui. Mai prima d’ora, però, abdicando alla narrazione di finzione.
Partendo dalla superficie, The Velvet Underground (su Apple+ dal 15 ottobre scorso, dopo l’anteprima a Cannes) è, innanzitutto, un eccellente documentario musicale. Lo è perché offre al neofita gli strumenti per muoversi nell’universo di un gruppo che, a detta dello stesso Lou Reed, voleva fare con chitarra e batteria quello che William Burroughs e Hubert Selby Jr. avevano fatto con le parole, rimarcandone con intelligenza e precisione la portata innovativa, sonora e tematica. Si veda, ad esempio, il ripescaggio del materiale inciso in precedenza da Reed (con pezzi come Your Love, dove canta banalità tipo «non pensavo di essere un vero uomo prima di amarti»: tutt’altra cosa rispetto alle crude storie di spacciatori, droga e sesso omo che verranno di lì a breve) e di versioni embrionali di alcuni brani-simbolo: esemplare l’evoluzione del suono da una registrazione primigenia, country e dylaniata di I’m Waiting for the Man allo sferragliante, ossessivo proto-punk di quella finita su disco; come è significativo che il film ci faccia ascoltare Heroin per la prima volta in versione spoken dalla voce di Reed, a evidenziare la forza delle parole nude e crude. […]
…segue per 8 pagine nel numero 283 di Blow Up, in edicola a dicembre 2021: NUMERO SPECIALE 180 pagine!
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#283) al costo di 10 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come piego di libri.
• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: non perderete neanche uno dei numeri pubblicati perché in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale vi faremo una seconda spedizione e riceverete a casa i quattro libri della collana trimestrale Director’s Cut il mese stesso della loro uscita per un risparmio complessivo di 60 euro!
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
Raccontare cosa siano stati i Velvet Underground, sviscerarne il ruolo e l’importanza nella musica e nella cultura popolare degli ultimi cinquanta e passa anni, e spiegare perché la loro breve esistenza abbia alimentato un culto devoto andato ben oltre i proverbiali quindici minuti di fama, era impresa da far tremare le vene e i polsi. Non che Todd Haynes fosse nuovo a progetti impegnativi quando non impervi, dal biopic su Karen Carpenter realizzato con bambole Barbie (Superstar – The Karen Carpenter Story) alla rilettura dell’epopea glam come una versione fantascientifica di Quarto potere di Velvet Goldmine, fino alla decostruzione dell’universo-Dylan in Io non sono qui. Mai prima d’ora, però, abdicando alla narrazione di finzione.
Partendo dalla superficie, The Velvet Underground (su Apple+ dal 15 ottobre scorso, dopo l’anteprima a Cannes) è, innanzitutto, un eccellente documentario musicale. Lo è perché offre al neofita gli strumenti per muoversi nell’universo di un gruppo che, a detta dello stesso Lou Reed, voleva fare con chitarra e batteria quello che William Burroughs e Hubert Selby Jr. avevano fatto con le parole, rimarcandone con intelligenza e precisione la portata innovativa, sonora e tematica. Si veda, ad esempio, il ripescaggio del materiale inciso in precedenza da Reed (con pezzi come Your Love, dove canta banalità tipo «non pensavo di essere un vero uomo prima di amarti»: tutt’altra cosa rispetto alle crude storie di spacciatori, droga e sesso omo che verranno di lì a breve) e di versioni embrionali di alcuni brani-simbolo: esemplare l’evoluzione del suono da una registrazione primigenia, country e dylaniata di I’m Waiting for the Man allo sferragliante, ossessivo proto-punk di quella finita su disco; come è significativo che il film ci faccia ascoltare Heroin per la prima volta in versione spoken dalla voce di Reed, a evidenziare la forza delle parole nude e crude. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000