The Heliocentrics
The Heliocentrics
di Luca Collepiccolo
[nell’immagine: Helicentrics e Orlando Julius]
È con il nuovo “A World of Masks” [recensione su BU#228] che la formazione inglese guidata dal batterista e produttore Malcolm Catto e dal bassista Jake Ferguson getta definitivamente la maschera. Quella che è stata una delle più ambite backing band contemporanee in ambito rare groove schiude le ali e spicca il volo verso un’equazione cosmica fatta di intrecci lisergici e felini downtempo. Non più bozzetti né tanto meno fantasmatiche e lussuose iperboli global, il nuovo album licenziato dall’indipendente britannica Soundway Records introduce sostanziali novità, cambiando non solo l’asse temporale ma anche il flusso gravitazionale del combo, ancorato oggi attorno alla seducente voce della cantante slovacca Barbora Patkova, non a caso già coinvolta in maniera estemporanea nelle più recenti uscite dell’Arkestra di Marshall Allen. Ecco, cosa è rimasto di quel mondo eliocentrico, già tradotto in musica nelle pubblicazioni per Now Again? Un’idea, una scia senz’altro, ma la metamorfosi si completa adesso in un corpo di brani di senso compiuto, con un inizio e una fine che vanno aldilà di quello sfondo siderale che era una costante delle loro trasmutazioni musicali. Gli Heliocentrics reclamano con “A World Of Masks” lo status di entità autonoma, forte di una gavetta impressionante e di un invidiabile studio sulla materia world-jazz. Non a caso gli affiancamenti a proverbiali stelle come Mulatu Astatke – per l’asse ethio-jazz - ed Orlando Julius – nel marasma afrobeat - continuano a suscitare quelle epidermiche sensazioni care ai più arditi sognatori dell’internazionale del ritmo. Quella che per anni è stata anche un’attività da fini etno-musicologi – in questa chiave possiamo leggere l’incontro con il fenomenale esploratore dei suoni del mondo Lloyd Miller – trova seguito nell’opera più compiuta di un gruppo che è oggi al centro non solo di una rivoluzione estetica ma si propone anche come guida/faro di quelle generazioni sempre più interessate alla riscoperta delle musiche ‘passatiste’, siano esse di ascendenza rock o black. Del resto la musica degli Heliocentrics ha per anni rappresentato l’eterno errare di quei collezionisti alla ricerca del sacro Graal vinilico. […]
…segue per 4 pagine nel numero 229 di Blow Up, in edicola a giugno 2017 al costo di 6 euro
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
[nell’immagine: Helicentrics e Orlando Julius]
È con il nuovo “A World of Masks” [recensione su BU#228] che la formazione inglese guidata dal batterista e produttore Malcolm Catto e dal bassista Jake Ferguson getta definitivamente la maschera. Quella che è stata una delle più ambite backing band contemporanee in ambito rare groove schiude le ali e spicca il volo verso un’equazione cosmica fatta di intrecci lisergici e felini downtempo. Non più bozzetti né tanto meno fantasmatiche e lussuose iperboli global, il nuovo album licenziato dall’indipendente britannica Soundway Records introduce sostanziali novità, cambiando non solo l’asse temporale ma anche il flusso gravitazionale del combo, ancorato oggi attorno alla seducente voce della cantante slovacca Barbora Patkova, non a caso già coinvolta in maniera estemporanea nelle più recenti uscite dell’Arkestra di Marshall Allen. Ecco, cosa è rimasto di quel mondo eliocentrico, già tradotto in musica nelle pubblicazioni per Now Again? Un’idea, una scia senz’altro, ma la metamorfosi si completa adesso in un corpo di brani di senso compiuto, con un inizio e una fine che vanno aldilà di quello sfondo siderale che era una costante delle loro trasmutazioni musicali. Gli Heliocentrics reclamano con “A World Of Masks” lo status di entità autonoma, forte di una gavetta impressionante e di un invidiabile studio sulla materia world-jazz. Non a caso gli affiancamenti a proverbiali stelle come Mulatu Astatke – per l’asse ethio-jazz - ed Orlando Julius – nel marasma afrobeat - continuano a suscitare quelle epidermiche sensazioni care ai più arditi sognatori dell’internazionale del ritmo. Quella che per anni è stata anche un’attività da fini etno-musicologi – in questa chiave possiamo leggere l’incontro con il fenomenale esploratore dei suoni del mondo Lloyd Miller – trova seguito nell’opera più compiuta di un gruppo che è oggi al centro non solo di una rivoluzione estetica ma si propone anche come guida/faro di quelle generazioni sempre più interessate alla riscoperta delle musiche ‘passatiste’, siano esse di ascendenza rock o black. Del resto la musica degli Heliocentrics ha per anni rappresentato l’eterno errare di quei collezionisti alla ricerca del sacro Graal vinilico. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000