THE BLASTERS
THE BLASTERS
di Stefano I. Bianchi

[nella foto: Dave e Phil Alvin]

“Probabilmente il miglior momento della nostra carriera fu quando venimmo sbeffeggiati da una folla di 20.000 persone mentre aprivamo per i Queen a San Diego. Iniziarono a tirarci qualunque cosa, soprattutto bottiglie – c’erano parecchi marinai tra il pubblico. Il momento peggiore invece credo sia stato quando salimmo sul palco del Farm Aid davanti a 80.000 persone che iniziarono a salutarci e osannarci ancor prima che suonassimo una sola nota, senza neanche sapere chi fossimo.”
(Phil Alvin, 2012)

“Erano una grande band che purtroppo conobbero in pochi. Bill Bateman è uno dei migliori batteristi che io abbia mai ascoltato, e così ovviamente i fratelli Alvin nei loro ruoli. Un mucchio di talento in una sola band.” (Henry Rollins)

HO UN RICORDO molto bello di Phil Alvin. Lo conobbi nel gennaio dell’87 in occasione di un concerto che i Blasters tennero ad Arezzo durante il loro primo tour italiano. Dato che li avevo accolti personalmente, mentre gli altri andavano al teatro a fare le prove io portai lui alla radio in cui lavoravo per intervistarlo in diretta. Era un bonaccione alto due metri con un sorriso a settanta denti stampato sulle labbra, una parlantina incontenibile e quel gesticolare ampio ed educatamente scomposto che caratterizza tutti i sudisti americani (e non solo); ispirava insomma una simpatia immediata. A dispetto dell’apparenza, scoprii un intellettuale molto raffinato, come vedremo più avanti, appassionato di teoria della matematica e di semiotica (due lauree e un master che si accingeva a prendere proprio in quei mesi) non meno che di musica. Mi raccontò della sua famiglia di musicisti, di un padre attivista sindacale negli anni ’30, delle prime esperienze alla corte di Big Joe Turner, T-Bone Walker, Sonny Terry; avrebbe potuto parlare per ore, e naturalmente lo fece. […]

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