Shackleton
Shackleton
Luca Galli

Alla luce del formidabile nuovo doppio CD “Music For The Quiet Hour / The Drawbar Organ EPs” [BU#169], facciamo il punto sulla produzione di Sam SHACKLETON, uno dei protagonisti più rappresentativi della musica elettronica del nuovo secolo.

[…] SE SIA PARENTE dell'esploratore antartico Ernest Henry Shackleton non è dato sapere. Certo è che il piglio nell’affrontare, indagare, approfondire i territori è il medesimo, anche se nel suo caso ovviamente sono sonori: Africa, Turchia, Medio Oriente, Londra, Bristol, Berlino, Lancashire. Sam Shackleton, ovvero come sfidare la produzione con un approccio DIY: programmare con perizia artigiana le percussioni colpo per colpo, modulare il basso di conseguenza, tessere una trama sonora sempre più fitta e complessa ma senza ridondanze. Fino ad arrivare alla creazione di lifeforms elettroniche articolate tra un realismo sonoro quasi fisico e una portanza neuromuscolare intensa e continua.
Con tutta probabilità Shackleton è ancora inconsapevole di essersi ritagliato un ruolo di primo piano nelle vicende di beat e macchine dell'ultimo decennio. Lui continua a produrre le musiche “che mi piacerebbe ballare”. Deve essere un ballerino formidabile, Sam, per districarsi tra tutte quelle percussioni. La sua musica ha raccolto puntillismi percussivi e sub bass enormi, insieme a una passione per le tessiture ben arrangiate - tre delle sue principali marche sonore - e quindi dubstep, minimalismo, techno, dub, iterazioni di musica contemporanea, post punk e musica industriale in una forma sempre fluida, vigorosa, ancestrale, esoterica. Più lo si ascolta e più risulta difficile collocarlo in un filone sonoro preciso, al punto da ricordare spesso i lavori di artisti come i Psychick Warriors of Gaia o l'ambient techno astrale di Bedouin Ascent.
I primi passi di questo suono portano il nome di Evil Mastermind, una sorta di duo dancehall formato dal lui con MC Great Emancipator e basato musicalmente sulle ritmiche e le linee di basso di una drum machine Zoom. Quando l'mc lascia la formazione per convertisti all'Islam e tornare con il nome di Tenfold Venegeance (ora partner vocale di Shackleton), lui acquista un pc e inizia a suonare in solitario. Le produzioni sono una sorta di dub percussivo e una di queste viene selezionata da Ian Hicks per la sua Mordant Music. È Stalker, è il 2004, è una partenza importante. Perché da qualche tempo Shackleton ha anche iniziato a frequentare le serate FWD e poi anche le DMZ a Londra con i suoi fidati amici Engine Room, Nectar Selector e Laurie ‘Appleblim’ Osbourne. È l'origine di una scena che ancora non è. Il suono non ha un nome condiviso e comune, ha un ristretto numero di adepti, ha contorni sfumati e indefiniti. È un virus in propagazione, che muta a ogni tornata di dubplate e ha una portata di cambiamento innata. Il dubstep si sta formando - la Rephlex punta tutto sul nome Grime, perde, esce di scena - tra le maglie del dark garage, nel movimento a pendolo di spazio e profondità del basso, nei nugoli percussivi e in quei bpm spinti tra 135 e 140 ma quasi non percepiti per il procedere saltellante. […]

…segue per 4 pagine nel numero 172 di Blow Up, in edicola nel mese di settembre 2012 al costo di 6 euro.

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