ROMA ANNI '60
ROMA ANNI '60
di Valerio Mattioli
[nella foto: L'ingresso del Piper, 1967]
PIÙ CHE UN CAPRICCIO il Quartiere Coppedè è un abbaglio, un vaneggiamento urbano. Stando al mercato immobiliare, questo guazzabuglio primi 900 di torrette neomedievali, quadrifore liberty, archetti parababilonesi, affreschi e decorazioni dal retrogusto iniziatico, è tra le zone più ambite e costose di Roma. Ma quando lo attraversi, più che un pezzo di città pare una quinta piovuta da qualche bislacco miraggio gotico-surrealista: sulle pareti si confondono raffigurazioni di sacri Graal, allegorie zodiacali, alberi della vita e grifoni alati, e gli stessi edifici portano nomi esoterici: Villino delle Fate, Palazzo del Ragno, Fontana delle Rane… Il carattere un po’ sinistro del quartiere ne ha fatto una meta prediletta per gli appassionati di scenografie oniriche, bizzarre, in una parola allucinate, e già Dario Argento (che qui abita) lo scelse tra le location dell’Uccello dalle piume di cristallo, il suo film d’esordio musicato da Ennio Morricone; che poi negli anni 60 il Coppedè abbia anche tenuto a battesimo il più mitologico evento della cultura psichedelica italiana, pare a questo punto tortuosamente logico.
Di fronte all’ingresso principale del quartiere, sta il Piper Club. È lì da quasi cinquant’anni. Agiografie vanziniane a parte, resta il locale per concerti più famoso e celebrato d’Italia, anche se a entrarci oggi è un labirinto buio e insolitamente spoglio, parente lontanissimo di quando fu il tempio della dolce vita ai tempi del beat. I colori, le scenografie pop, le decorazioni d’artista: è tutto andato, sostituito dall’algida pulizia di quella che col tempo (e prima del parziale recupero degli ultimi anni) è diventata poco più che una discoteca per vitelloni ricchi e pure un po’ destrorsi. Nel 1967 però era diverso. Nel 1967, qui venne celebrato l'happening che battezzò la nascita del rock underground italiano: si chiamava Grande Angolo, Sogni, Stelle, un nome degno della oscura vaghezza del Coppedè; durò l’intera notte del 28 dicembre e fu anche, a quanto assicurano i testimoni, «la prima volta in cui a Roma si è fumato marijuana in pubblico». Non nei bagni: dinanzi al palco. Forse anche sul palco. Forse oltre alla marijuana giravano altre sostanze. E forse più che una probabilità è una certezza, visto chi ci stava dietro, e naturalmente visto l’anno. […]
…segue per 12 pagine nel numero 187 di Blow Up, in edicola a Dicembre 2013 al costo di 8 euro [NUMERO SPECIALE DI 196 PAGINE]
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
PIÙ CHE UN CAPRICCIO il Quartiere Coppedè è un abbaglio, un vaneggiamento urbano. Stando al mercato immobiliare, questo guazzabuglio primi 900 di torrette neomedievali, quadrifore liberty, archetti parababilonesi, affreschi e decorazioni dal retrogusto iniziatico, è tra le zone più ambite e costose di Roma. Ma quando lo attraversi, più che un pezzo di città pare una quinta piovuta da qualche bislacco miraggio gotico-surrealista: sulle pareti si confondono raffigurazioni di sacri Graal, allegorie zodiacali, alberi della vita e grifoni alati, e gli stessi edifici portano nomi esoterici: Villino delle Fate, Palazzo del Ragno, Fontana delle Rane… Il carattere un po’ sinistro del quartiere ne ha fatto una meta prediletta per gli appassionati di scenografie oniriche, bizzarre, in una parola allucinate, e già Dario Argento (che qui abita) lo scelse tra le location dell’Uccello dalle piume di cristallo, il suo film d’esordio musicato da Ennio Morricone; che poi negli anni 60 il Coppedè abbia anche tenuto a battesimo il più mitologico evento della cultura psichedelica italiana, pare a questo punto tortuosamente logico.
Di fronte all’ingresso principale del quartiere, sta il Piper Club. È lì da quasi cinquant’anni. Agiografie vanziniane a parte, resta il locale per concerti più famoso e celebrato d’Italia, anche se a entrarci oggi è un labirinto buio e insolitamente spoglio, parente lontanissimo di quando fu il tempio della dolce vita ai tempi del beat. I colori, le scenografie pop, le decorazioni d’artista: è tutto andato, sostituito dall’algida pulizia di quella che col tempo (e prima del parziale recupero degli ultimi anni) è diventata poco più che una discoteca per vitelloni ricchi e pure un po’ destrorsi. Nel 1967 però era diverso. Nel 1967, qui venne celebrato l'happening che battezzò la nascita del rock underground italiano: si chiamava Grande Angolo, Sogni, Stelle, un nome degno della oscura vaghezza del Coppedè; durò l’intera notte del 28 dicembre e fu anche, a quanto assicurano i testimoni, «la prima volta in cui a Roma si è fumato marijuana in pubblico». Non nei bagni: dinanzi al palco. Forse anche sul palco. Forse oltre alla marijuana giravano altre sostanze. E forse più che una probabilità è una certezza, visto chi ci stava dietro, e naturalmente visto l’anno. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000