Peter Gordon
Peter Gordon
di Federico Savini
CI SONO artisti che li capisci meglio quando di loro non sai nulla, anche perché ci riportano a quel tempo di nostra vita mortale in cui reperire informazioni su musicisti di nicchia era una vera impresa. Spesso era proprio il caso che ti introduceva all’esistenza di un artista; caso facilitato da un entusiasmo ingenuo e da qualche chiacchiera ai concerti o nei negozi di dischi, situazioni nelle quali quasi sempre l’accaloramento passionale era inversamente proporzionale alle precarie informazioni in possesso. E quindi, dato che intorno a Peter Gordon m’è sempre frullato in testa un interrogativo, la cosa più intelligente da fare si è rivelata cercare informazioni su di lui non solo attraverso interviste, pubblicazioni e siti attendibili, ma soprattutto nelle maglie sociali della rete, forum e newsletter comprese. E’ lì che le notizie sommarie e la voglia di condividere ansiosamente gli ascolti finiscono per generare risposte strampalate ma rivelatorie, perché è lì che ancora oggi la percezione bypassa l’informazione. In un forum ho trovato la seguente definizione della musica di Peter Gordon: “Disco-music pura ma non molto commerciale”. Ecco la risposta ai miei rovelli. Quello che mi domandavo da qualche anno era come avrei etichettato la sua musica, le sue ritmiche sintetico-ammiccanti e il suo sassofono lanciato in caldi abbracci telefilmici anni ’80, se non avessi saputo che Peter Gordon è un compositore minimalista, formatosi alla corte di Robert Ashley, e un animatore cruciale delle avanguardie newyorkesi del Kitchen prima e della scena No/New-wave poi. Disco-music tutt’altro che pura, insomma, ma certamente molto poco commerciale.
E’ senz’altro vero, come sosteneva Christian Zingales su BU#106, che nel cenacolo dei musicisti che a New York, circa 35 anni fa, sposarono la nascente disco-music con le conquiste soniche del minimalismo fu Arthur Russell quello più emotivamente coinvolto nella faccenda. Non di meno, il razionale interesse del suo sodale Peter Gordon per l’essenza e le forme della popular music ha portato a esiti di spiazzante lucidità intellettuale, capaci ancora oggi di porci interrogativi, sfidare i pregiudizi e risvegliarci dal torpore mentale indotto da uno scibile musicale fin troppo codificato. Fatico a individuare altri compositori che come lui abbiano saputo andare oltre non solo ai generi ma anche ai contesti culturali nei quali una musica nasce e si sviluppa. […]
…segue per 8 pagine nel numero 206/207 di Blow Up, NUMERO SPECIALE di 196 pagine in edicola a Luglio e Agosto 2015 al costo di 8 euro
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
CI SONO artisti che li capisci meglio quando di loro non sai nulla, anche perché ci riportano a quel tempo di nostra vita mortale in cui reperire informazioni su musicisti di nicchia era una vera impresa. Spesso era proprio il caso che ti introduceva all’esistenza di un artista; caso facilitato da un entusiasmo ingenuo e da qualche chiacchiera ai concerti o nei negozi di dischi, situazioni nelle quali quasi sempre l’accaloramento passionale era inversamente proporzionale alle precarie informazioni in possesso. E quindi, dato che intorno a Peter Gordon m’è sempre frullato in testa un interrogativo, la cosa più intelligente da fare si è rivelata cercare informazioni su di lui non solo attraverso interviste, pubblicazioni e siti attendibili, ma soprattutto nelle maglie sociali della rete, forum e newsletter comprese. E’ lì che le notizie sommarie e la voglia di condividere ansiosamente gli ascolti finiscono per generare risposte strampalate ma rivelatorie, perché è lì che ancora oggi la percezione bypassa l’informazione. In un forum ho trovato la seguente definizione della musica di Peter Gordon: “Disco-music pura ma non molto commerciale”. Ecco la risposta ai miei rovelli. Quello che mi domandavo da qualche anno era come avrei etichettato la sua musica, le sue ritmiche sintetico-ammiccanti e il suo sassofono lanciato in caldi abbracci telefilmici anni ’80, se non avessi saputo che Peter Gordon è un compositore minimalista, formatosi alla corte di Robert Ashley, e un animatore cruciale delle avanguardie newyorkesi del Kitchen prima e della scena No/New-wave poi. Disco-music tutt’altro che pura, insomma, ma certamente molto poco commerciale.
E’ senz’altro vero, come sosteneva Christian Zingales su BU#106, che nel cenacolo dei musicisti che a New York, circa 35 anni fa, sposarono la nascente disco-music con le conquiste soniche del minimalismo fu Arthur Russell quello più emotivamente coinvolto nella faccenda. Non di meno, il razionale interesse del suo sodale Peter Gordon per l’essenza e le forme della popular music ha portato a esiti di spiazzante lucidità intellettuale, capaci ancora oggi di porci interrogativi, sfidare i pregiudizi e risvegliarci dal torpore mentale indotto da uno scibile musicale fin troppo codificato. Fatico a individuare altri compositori che come lui abbiano saputo andare oltre non solo ai generi ma anche ai contesti culturali nei quali una musica nasce e si sviluppa. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000