Mike Cooper
Mike Cooper
di Nazim Comunale
Titolare di una sterminata discografia che lo ha visto negli anni spaziare in ambiti diversi e collaborare con un ampio ventaglio di musicisti (da Pierre Bastien a Lol Coxhill, da Chris Abrahams a Elliott Sharp e Mazen Kerbaj), Mike Cooper, classe 1942 da Reading, Inghilterra, dal 1969 a oggi ha intrapreso un viaggio che non accenna a fermarsi in quello che David Toop chiamò a suo tempo Oceano di Suono. Prima che Valencia, dove vive da qualche anno, vivesse la terribile esperienza dell’alluvione, mi è capitato di trascorrere qualche giorno con lui nella città spagnola. Ne ho approfittato per aprire cuore e orecchie e lasciare che il flusso delle sue storie scorresse.
La tua carriera è iniziata in UK durante il boom del folk e del blues negli anni '60. Raccontami di quegli anni.
Mi sono avvicinato alla musica attraverso lo skiffle negli anni '50. Era una sorta di musica folk con inflessioni blues o jazz, molto popolare in quegli anni, suonata da piccoli gruppi che spesso utilizzavano strumenti improvvisati come washboards o contrabbassi fatti con casse da tè. Billy Bragg ha scritto un ottimo libro su questo genere, “Roots, Radicals and Rockers: How Skiffle Changed The World”. Lo skiffle è stata la prima musica fatta dai teenager per i teenager. Era una musica molto DIY (pre-punk), non commerciale, che attraversava barriere sociali e razziali. Prendeva spunto dal blues nero, dal gospel, dal calypso e dalla musica country bianca, e veniva suonata con strumenti tipici delle jug band e degli artisti di strada del sud degli Stati Uniti. Era incredibilmente importante e il suo "Papa" era Lonnie Donegan. I gruppi si esibivano spesso durante le pause dei concerti jazz dixieland o stile New Orleans nel Regno Unito, ed erano spesso formati dagli stessi musicisti. Senza questo genere, la cultura musicale britannica non sarebbe esistita: niente skiffle, niente Beatles, niente Clash, niente Cliff Richards, niente Mike Cooper. […]
…segue per 6 pagine nel numero 320 di Blow Up, gennaio 2025
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#320) al costo di 12 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come ‘piego di libri’ (chi desidera una spedizione rapida ci contatti via email).
• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: non perderete neanche uno dei numeri pubblicati perché in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale vi faremo una seconda spedizione e riceverete a casa i quattro libri della collana trimestrale Director’s Cut il mese stesso della loro uscita per un risparmio complessivo di 60 euro!
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
Titolare di una sterminata discografia che lo ha visto negli anni spaziare in ambiti diversi e collaborare con un ampio ventaglio di musicisti (da Pierre Bastien a Lol Coxhill, da Chris Abrahams a Elliott Sharp e Mazen Kerbaj), Mike Cooper, classe 1942 da Reading, Inghilterra, dal 1969 a oggi ha intrapreso un viaggio che non accenna a fermarsi in quello che David Toop chiamò a suo tempo Oceano di Suono. Prima che Valencia, dove vive da qualche anno, vivesse la terribile esperienza dell’alluvione, mi è capitato di trascorrere qualche giorno con lui nella città spagnola. Ne ho approfittato per aprire cuore e orecchie e lasciare che il flusso delle sue storie scorresse.
La tua carriera è iniziata in UK durante il boom del folk e del blues negli anni '60. Raccontami di quegli anni.
Mi sono avvicinato alla musica attraverso lo skiffle negli anni '50. Era una sorta di musica folk con inflessioni blues o jazz, molto popolare in quegli anni, suonata da piccoli gruppi che spesso utilizzavano strumenti improvvisati come washboards o contrabbassi fatti con casse da tè. Billy Bragg ha scritto un ottimo libro su questo genere, “Roots, Radicals and Rockers: How Skiffle Changed The World”. Lo skiffle è stata la prima musica fatta dai teenager per i teenager. Era una musica molto DIY (pre-punk), non commerciale, che attraversava barriere sociali e razziali. Prendeva spunto dal blues nero, dal gospel, dal calypso e dalla musica country bianca, e veniva suonata con strumenti tipici delle jug band e degli artisti di strada del sud degli Stati Uniti. Era incredibilmente importante e il suo "Papa" era Lonnie Donegan. I gruppi si esibivano spesso durante le pause dei concerti jazz dixieland o stile New Orleans nel Regno Unito, ed erano spesso formati dagli stessi musicisti. Senza questo genere, la cultura musicale britannica non sarebbe esistita: niente skiffle, niente Beatles, niente Clash, niente Cliff Richards, niente Mike Cooper. […]
…segue per 6 pagine nel numero 320 di Blow Up, gennaio 2025
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#320) al costo di 12 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come ‘piego di libri’ (chi desidera una spedizione rapida ci contatti via email).
• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: non perderete neanche uno dei numeri pubblicati perché in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale vi faremo una seconda spedizione e riceverete a casa i quattro libri della collana trimestrale Director’s Cut il mese stesso della loro uscita per un risparmio complessivo di 60 euro!
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000