Luca Ricci
Luca Ricci
di Stefano Lecchini
A differenza di molti narratori della sua generazione (che è poi la generazione dei nati nei Settanta), Luca Ricci non persegue con goffo volontarismo le chimere del bello scrivere. Scrive bene e basta. Lascia agli altri il compito di lambiccarsi penosamente, magari nel corso di romanzoni di 400 e passa pagine, con le immagini più artificiose, le stesse giustamente ridicolizzate da Franco Cordelli in un famoso articolo di tre anni or sono; dal canto suo coltiva, con incrollabile fedeltà, l'arte splendidamente limitata del racconto, stringendo i tempi e affidandosi a una gestione parsimoniosa e infallibile del figurale: poche, fulminanti similitudini, e un ancor più esiguo numero di analogie; il tutto modulato da una voce asciutta, essenziale, ficcante, ultimamente impreziosita da un registro comico che non le conoscevamo, ma sempre e comunque precisissima nel mirare le mot juste a dar conto di un determinato scorcio ambientale o psicologico – anche se poi moltissimo viene sapientemente taciuto o eluso, e resta felicemente relegato nelle regioni del non detto. Se questa lingua era, si capisce, del tutto funzionale ai racconti che Ricci scriveva fino a qualche anno fa (diciamo dagli esordi a quel capolavoro che resta La persecuzione del rigorista), è sorprendente come anche oggi, ossia in un momento in cui le lisce superfici del suo minimalismo alla Carver vengono sempre più spesso attratte nelle sabbie mobili del fantastico, una tale alchimia espressiva resti comunque inalterata. L'irrompere ambiguo del fantasmatico non ha annacquato la severità dello stile. Ora, i protagonisti de I difetti fondamentali (la nuova raccolta di Ricci che, appena uscita da Rizzoli, contiene alcune delle più belle short story italiane dell'ultimo quarto di secolo) appartengono tutti, a vario titolo, a quell'inciviltà in cui sembra essere precipitata la nostra civiltà letteraria: scrittori o aspiranti tali, docenti o studenti universitari magari abbondantemente fuori corso, redattori delle pagine culturali, rappresentanti dell'editoria... Ma sono, o rischiano comunque di essere, essi stessi ombre, fantasmi: precisamente come i Fantasmi dell'aldiquà (le coppie marito-moglie con sovente terzo incomodo incluso), che intitolavano la penultima silloge. Ciò malgrado, la dimensione fantasmatica, e dunque fantastica – pur con tutto il doloroso carico di irrealtà che comporta -, sembra essere l'unica via di scampo alla dittatura di un presente desertificato. Di questo ed altro abbiamo parlato con lo stesso Ricci. […]
…segue per 4 pagine nel numero 226 di Blow Up, in edicola a Marzo 2017 al costo di 6 euro
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
A differenza di molti narratori della sua generazione (che è poi la generazione dei nati nei Settanta), Luca Ricci non persegue con goffo volontarismo le chimere del bello scrivere. Scrive bene e basta. Lascia agli altri il compito di lambiccarsi penosamente, magari nel corso di romanzoni di 400 e passa pagine, con le immagini più artificiose, le stesse giustamente ridicolizzate da Franco Cordelli in un famoso articolo di tre anni or sono; dal canto suo coltiva, con incrollabile fedeltà, l'arte splendidamente limitata del racconto, stringendo i tempi e affidandosi a una gestione parsimoniosa e infallibile del figurale: poche, fulminanti similitudini, e un ancor più esiguo numero di analogie; il tutto modulato da una voce asciutta, essenziale, ficcante, ultimamente impreziosita da un registro comico che non le conoscevamo, ma sempre e comunque precisissima nel mirare le mot juste a dar conto di un determinato scorcio ambientale o psicologico – anche se poi moltissimo viene sapientemente taciuto o eluso, e resta felicemente relegato nelle regioni del non detto. Se questa lingua era, si capisce, del tutto funzionale ai racconti che Ricci scriveva fino a qualche anno fa (diciamo dagli esordi a quel capolavoro che resta La persecuzione del rigorista), è sorprendente come anche oggi, ossia in un momento in cui le lisce superfici del suo minimalismo alla Carver vengono sempre più spesso attratte nelle sabbie mobili del fantastico, una tale alchimia espressiva resti comunque inalterata. L'irrompere ambiguo del fantasmatico non ha annacquato la severità dello stile. Ora, i protagonisti de I difetti fondamentali (la nuova raccolta di Ricci che, appena uscita da Rizzoli, contiene alcune delle più belle short story italiane dell'ultimo quarto di secolo) appartengono tutti, a vario titolo, a quell'inciviltà in cui sembra essere precipitata la nostra civiltà letteraria: scrittori o aspiranti tali, docenti o studenti universitari magari abbondantemente fuori corso, redattori delle pagine culturali, rappresentanti dell'editoria... Ma sono, o rischiano comunque di essere, essi stessi ombre, fantasmi: precisamente come i Fantasmi dell'aldiquà (le coppie marito-moglie con sovente terzo incomodo incluso), che intitolavano la penultima silloge. Ciò malgrado, la dimensione fantasmatica, e dunque fantastica – pur con tutto il doloroso carico di irrealtà che comporta -, sembra essere l'unica via di scampo alla dittatura di un presente desertificato. Di questo ed altro abbiamo parlato con lo stesso Ricci. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000