Lemonheads - Evan Dando
Lemonheads - Evan Dando
di Roberto Curti
Dei Lemonheads, dopo gli esordi rumorosi di fine anni ’80 e il successo planetario dei ’primi 90, si sono progressivamente perse le tracce, con una produzione al contagocce: l’ultimo album – “Varshons”, un disco di cover più o meno bizzarre, specialità del Nostro sin dagli esordi – risale ormai a otto anni fa. La Fire Records ha appena rieditato in pompa magna il suo disco solista (come se quelli a nome Lemonheads non lo fossero…), “Baby I’m Bored”. Per cui, in attesa di vedere se prima o poi l’angelico Evan rimetterà il naso fuori dalla tana, celebriamo i suoi 50 anni (e i 25 del suo disco più celebre, “It’s a Shame About Ray”) come si merita.
Evan è bocciato a scuola
Figlio di un avvocato, Jeffrey, e di una indossatrice, Evan Griffith Dando nasce a Essex, nel Massachusetts, il 4 marzo del 1967. Esattamente due settimane prima che Charles Manson esca di galera per la seconda volta e si trasferisca a San Francisco. «Non avrei voluto nascere in nessun altro momento: proprio lì, all’apice, quando da Woolworths vendevano parrucche da hippie, e l’underground era già faccenda del passato.»
Evan è un bambino privilegiato. Appartiene a una famiglia benestante, e fin dall’infanzia i suoi lo sottopongono a una dieta di soul e R&B. «Sono cresciuto con Marvin Gaye, Al Green, Stevie Wonder, i Jackson 5, eccetera. Mi hanno insegnato ad apprezzare la musica. Ai miei piaceva la musica figa, e “Hair” fu uno dei dischi più importanti. Assieme a Stevie Wonder.» A sei anni appare insieme a babbo, mamma e sorellina negli spot TV per la gelatina Jell-O: la perfetta famiglia Wasp americana, riunita attorno al desco, e i quattro Dando sono uno più bello dell’altro, probabilmente per compensare l’aspetto tra l’inquietante e l’alieno del prodotto reclamizzato (gli appassionati di food porn diano pure un’occhiata, previa assunzione di emetici, su YouTube).
Il divorzio dei genitori, quando Evan ha dodici anni, spezza quell’idillio. A detta dell’interessato, negli anni della pubertà il giovane Evan è un vero demonio dalla faccia d’angelo; e alla scuola – la prestigiosa Commonwealth School di Boston – preferisce il surf, lo skateboard e la musica, di cui è un ascoltatore onnivoro, curioso, vorace – e ribelle, muovendo dal soul prediletto dai genitori al country, e poi ancora oltre. «Per un po’ ho ascoltato i Clash e i Sex Pistols, ma tra i 15 e i 16 anni ho smesso completamente con il rock e mi sono dedicato solo al jazz: Thelonious Monk, John Coltrane, Cannonball Adderley, Bill Evans, Coleman Hawkins. Avevo una grossa collezione di vinili jazz e classici. Poi un giorno ho sentito Communication Breakdown o qualcosa del genere alla radio e ho pensato, “Che cazzo sto facendo?” (ride). Poi sono passato all’hardcore. Sono andato a vedere i Flipper, e la mia vita è cambiata. Ho visto dal vivo i Black Flag e i Minutemen così tante volte...» […]
…segue per 12 pagine nel numero 230-231 di Blow Up, in edicola a giugno 2017 al costo di 8 euro: NUMERO SPECIALE DI 180 PAGINE!
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#230-231) al costo di 10 euro - spese postali incluse - e vi verrà spedito immediatamente via posta prioritaria. Se lo richiedete dopo il mese di riferimento dell’uscita vi verrà spedito, come ogni altro arretrato, con il primo invio mensile di abbonamenti e arretrati.
• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: risparmiate minimo 16 euro sul prezzo di copertina e avete la certezza di non perdere neanche uno dei numeri pubblicati garantendovi tutti gli eventuali allegati e i numeri speciali; in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale ve lo spediremo di nuovo.
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
Dei Lemonheads, dopo gli esordi rumorosi di fine anni ’80 e il successo planetario dei ’primi 90, si sono progressivamente perse le tracce, con una produzione al contagocce: l’ultimo album – “Varshons”, un disco di cover più o meno bizzarre, specialità del Nostro sin dagli esordi – risale ormai a otto anni fa. La Fire Records ha appena rieditato in pompa magna il suo disco solista (come se quelli a nome Lemonheads non lo fossero…), “Baby I’m Bored”. Per cui, in attesa di vedere se prima o poi l’angelico Evan rimetterà il naso fuori dalla tana, celebriamo i suoi 50 anni (e i 25 del suo disco più celebre, “It’s a Shame About Ray”) come si merita.
Evan è bocciato a scuola
Figlio di un avvocato, Jeffrey, e di una indossatrice, Evan Griffith Dando nasce a Essex, nel Massachusetts, il 4 marzo del 1967. Esattamente due settimane prima che Charles Manson esca di galera per la seconda volta e si trasferisca a San Francisco. «Non avrei voluto nascere in nessun altro momento: proprio lì, all’apice, quando da Woolworths vendevano parrucche da hippie, e l’underground era già faccenda del passato.»
Evan è un bambino privilegiato. Appartiene a una famiglia benestante, e fin dall’infanzia i suoi lo sottopongono a una dieta di soul e R&B. «Sono cresciuto con Marvin Gaye, Al Green, Stevie Wonder, i Jackson 5, eccetera. Mi hanno insegnato ad apprezzare la musica. Ai miei piaceva la musica figa, e “Hair” fu uno dei dischi più importanti. Assieme a Stevie Wonder.» A sei anni appare insieme a babbo, mamma e sorellina negli spot TV per la gelatina Jell-O: la perfetta famiglia Wasp americana, riunita attorno al desco, e i quattro Dando sono uno più bello dell’altro, probabilmente per compensare l’aspetto tra l’inquietante e l’alieno del prodotto reclamizzato (gli appassionati di food porn diano pure un’occhiata, previa assunzione di emetici, su YouTube).
Il divorzio dei genitori, quando Evan ha dodici anni, spezza quell’idillio. A detta dell’interessato, negli anni della pubertà il giovane Evan è un vero demonio dalla faccia d’angelo; e alla scuola – la prestigiosa Commonwealth School di Boston – preferisce il surf, lo skateboard e la musica, di cui è un ascoltatore onnivoro, curioso, vorace – e ribelle, muovendo dal soul prediletto dai genitori al country, e poi ancora oltre. «Per un po’ ho ascoltato i Clash e i Sex Pistols, ma tra i 15 e i 16 anni ho smesso completamente con il rock e mi sono dedicato solo al jazz: Thelonious Monk, John Coltrane, Cannonball Adderley, Bill Evans, Coleman Hawkins. Avevo una grossa collezione di vinili jazz e classici. Poi un giorno ho sentito Communication Breakdown o qualcosa del genere alla radio e ho pensato, “Che cazzo sto facendo?” (ride). Poi sono passato all’hardcore. Sono andato a vedere i Flipper, e la mia vita è cambiata. Ho visto dal vivo i Black Flag e i Minutemen così tante volte...» […]
…segue per 12 pagine nel numero 230-231 di Blow Up, in edicola a giugno 2017 al costo di 8 euro: NUMERO SPECIALE DI 180 PAGINE!
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000