Julian Cope Droolian
Julian Cope Droolian
di Christian Zingales
IN CALCE: “Monna Lisa si è avvicinata e mi ha detto ‘Hai da accendere?’ e io ‘Sì… la tua faccia e la mia arte’”. Sopra: Droolian. In mezzo la foto di copertina: il muso di Smelvin, lo schnauzer di Julian Cope. Colore di fondo: rosso aranciato. Lettering: bianco. È lo sguardo della Gioconda del rock, I Wanna Be Your Dog che si eleva di potenza in un I Am A Dog. La copertina di “Droolian”, l’album UFO di Julian Cope. È appena uscita, secondo volume della serie Cope’s Notes (il primo, del 2019, era dedicato ai Teardrop Explodes), una versione estesa dell’album, con allegato un libretto che ne ricostruisce la genesi. Informazioni preziose da che la autobiografia copeana “Head On” si interrompeva subito prima, arrivando al disco, “Skellington”, che fu il passo di avvicinamento verso la folgorazione. In sostanza Cope, dopo aver tracciato la strada con i Teardrop, da solista fa quattro album dall’84 all’88 che ne cementano la capacità di fondere lo stralunato songwriting e le matrici psichedeliche con un pop rock in quota major. Dal classico “Fried” al chiaroscurale “Word Shut Your Mouth” fino ai più radiofonici ma non meno pregiati “Saint Julian” e “My Nation Underground”, Julian è una bambola in grado di bilanciare deragliamenti mentali e dinamiche pop, con puntualità video e copertine su Smash Hits come The Face. A fine ’80 un cortocircuito. Da un lato l’insofferenza verso due forme di regime economico, quello della Thatcher in procinto di cadere, e quello delle major discografiche che, dopo due dischi su Mercury e due su Island, avevano comunque contenuto l’irrequieta effervescenza dell’uomo acido. Dall’altro lato la curiosità, a livello teorico più che sonoro, per quello che stava accadendo in ambito musicale, con l’acid-house che barbaricamente resettava la scena: suoni primordiali, a basso costo di produzione, che sembrano viaggiare in parallelo con le istanze politiche di sopra e aprono un nuovo scenario, dischi, fatti in casa o in studi di fortuna, che non hanno limiti, possono rifulgere nell’underground o addirittura arrivare a lambire le classifiche. […]
…segue per 6 pagine nel numero 287 di Blow Up, in edicola ad aprile 2022
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#287) al costo di 10 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come ‘piego di libri’ (chi desidera una spedizione rapida ci contatti via email).
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
IN CALCE: “Monna Lisa si è avvicinata e mi ha detto ‘Hai da accendere?’ e io ‘Sì… la tua faccia e la mia arte’”. Sopra: Droolian. In mezzo la foto di copertina: il muso di Smelvin, lo schnauzer di Julian Cope. Colore di fondo: rosso aranciato. Lettering: bianco. È lo sguardo della Gioconda del rock, I Wanna Be Your Dog che si eleva di potenza in un I Am A Dog. La copertina di “Droolian”, l’album UFO di Julian Cope. È appena uscita, secondo volume della serie Cope’s Notes (il primo, del 2019, era dedicato ai Teardrop Explodes), una versione estesa dell’album, con allegato un libretto che ne ricostruisce la genesi. Informazioni preziose da che la autobiografia copeana “Head On” si interrompeva subito prima, arrivando al disco, “Skellington”, che fu il passo di avvicinamento verso la folgorazione. In sostanza Cope, dopo aver tracciato la strada con i Teardrop, da solista fa quattro album dall’84 all’88 che ne cementano la capacità di fondere lo stralunato songwriting e le matrici psichedeliche con un pop rock in quota major. Dal classico “Fried” al chiaroscurale “Word Shut Your Mouth” fino ai più radiofonici ma non meno pregiati “Saint Julian” e “My Nation Underground”, Julian è una bambola in grado di bilanciare deragliamenti mentali e dinamiche pop, con puntualità video e copertine su Smash Hits come The Face. A fine ’80 un cortocircuito. Da un lato l’insofferenza verso due forme di regime economico, quello della Thatcher in procinto di cadere, e quello delle major discografiche che, dopo due dischi su Mercury e due su Island, avevano comunque contenuto l’irrequieta effervescenza dell’uomo acido. Dall’altro lato la curiosità, a livello teorico più che sonoro, per quello che stava accadendo in ambito musicale, con l’acid-house che barbaricamente resettava la scena: suoni primordiali, a basso costo di produzione, che sembrano viaggiare in parallelo con le istanze politiche di sopra e aprono un nuovo scenario, dischi, fatti in casa o in studi di fortuna, che non hanno limiti, possono rifulgere nell’underground o addirittura arrivare a lambire le classifiche. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000