John Williams
John Williams
di Matteo Moca

“Al fuoco degli eventi, / saggi, resistiamo. / Nell’esperienza appresa / è tutta la coscienza”. Nella condizione descritta da questi versi, tratti da A un amico, sembra possibile cogliere il mistero che adombra in maniera straordinaria l’esistenza del protagonista del romanzo più celebre, e tra i maggiori del secolo scorso, di John Williams, Stoner. L’intera vicenda del romanzo, l’intera esperienza esistenziale del protagonista, è compresa nel primo paragrafo del libro, che in pochi caratteri riesce a descrivere con minuzia le poche oscillazioni di una vita “normale”: “William Stoner si iscrisse all’Università del Missouri nel 1910, all’età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della Prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato di ricerca e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare fino alla sua morte, nel 1956”. Che cos’ha dunque di straordinario questo libro, uscito praticamente sotto silenzio nel 1965 e riscoperto, trasformandosi in un imprevedibile caso editoriale mondiale, quasi quarant’anni dopo? Fuori tempo massimo rispetto al romanzo psicologico di primo Novecento (a cui però in qualche modo rimanda), poco in sintonia con le pieghe del romanzo postmoderno che cominciava a far intravedere i suoi bagliori (due anni prima era uscito V. di Thomas Pynchon, mentre già erano passati dieci anni dalla pubblicazione di un caposaldo di questo genere, Le perizie di William Gaddis), Stoner è il racconto di un’esistenza minima, un’esistenza che potrebbe abitare tranquillamente le gallerie di “vite minuscole” di Pierre Michon (ed è vero ciò che lo scrittore Peter Cameron, proprio parlando di Stoner, ha sottolineato: «la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria»), un romanzo dall’aura classica e la placidità della grande letteratura, un libro che proprio per la sua eccezionale normalità necessitava di tempo per essere scoperto e apprezzato. […]

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