John M. Hull - Blind Trust
John M. Hull - Blind Trust
di Fabio Donalisio

1. Blind
In tempi fraudolenti come questi, che si dividono equamente tra brutalità verbale, culto dell'oscenità e compulsione dell'eufemismo, dovrebbe essere dovere morale, nonché interesse primario, parlare di cecità. Capire, in una collettività esaustiva (ed esausta) che ha fatto dell'immagine il suo quasi unico codice di (in)comunicabilità, nonché merce di scambio universale e feticcio di un onanismo di massa (incapace, nella maggior parte dei casi, di un vero orgasmo), cosa significhi essere negli occhi di un non vedente, di un essere umano che non partecipa del senso della vista. A maggior ragione se tutto ciò viene espresso per scritto.
È ciò che ci permettono, con una sobrietà che ha del miracolo, le pagine di una piccola gemma chiamata Il dono oscuro di John M. Hull. L'uscita originale del libro data al 1990, ma solo ora Adelphi lo riporta in vita. Nonostante una miriade di dettagli rimandino alla quotidianità di un mondo ormai lontano se non perduto (per cui non si versino lacrime, perché se il presente è fetido, ciò non postula alcuna intangibile età dell'oro da rimpiangere), e nello specifico quello della prima metà degli anni '80 del secolo scorso, quanto nel libro viene espresso sembra prescindere dallo scorrere del tempo, o meglio rimandare a un'altra modalità di percepire il tempo, connessa con il graduale scomparire e annullarsi delle percezioni visive. Hull, docente di teologia (dettaglio forse non insignificante nella gestione del discorso), perde del tutto la vista nel 1983 (aveva circa quarant'anni), a causa del lento decorso di una patologia della retina che lo porta a una graduale diminuzione del campo visivo fino al serrarsi completo delle tenebre, metafora peraltro forse utilizzabile solamente di chi, delle tenebre, possa aver avuto consapevolezza, per contrasto. E qui si apre il primo discrimine: Hull (che fin dalla prefazione rifiuta assolutamente di parlare a nome di alcuno che non sia se stesso, tanto meno di una categoria) può descrivere il trapasso dalle forme della luce a quelle del buio in virtù della memoria, e, per quanto anch'essa sbiadisca più in fretta di quanto si sia normalmente disposti ad ammettere, non smetterà mai di essere, per quanto sfocato e lontano, punto di riferimento o almeno un'alterità su cui misurare il contrasto. Diverso il caso dei ciechi dalla nascita, cui è precluso, tra le altre innumerevoli cose, l'utilizzo (con quella che noi vedenti chiameremmo cognizione di causa) delle metafore visive che costituiscono una parte fondamentale (e ritenuta scontata) del linguaggio della comunicazione corrente. […]

…segue per 4 pagine nel numero 262 di Blow Up, in edicola a marzo 2020

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