Joan Didion
Joan Didion
di Maurizio Bianchini
1.
“Noi ci raccontiamo delle storie per vivere… Ci raccontiamo che fa una differenza se la donna nuda sta per commettere un peccato mortale o sta per esprimere una protesta politica o sta per essere riportata alla condizione umana dal pompiere in abito talare che s’intravede, nella finestra dietro di lei, sorridere al teleobiettivo. Cerchiamo la predica nel suicidio, la lezione sociale e morale nell’omicidio di cinque persone. Interpretiamo ciò che vediamo, selezioniamo la più praticabile delle scelte multiple. E, soprattutto se siamo scrittori, viviamo grazie all’imposizione di una linea narrativa sulle immagini più disparate, alle ‘idee’ con cui abbiamo imparato a congelare la mutevole fantasmagoria che costituisce la nostra esperienza effettiva.” È l’inizio di The White Album di Joan Didion, un pezzo forte della sua produzione saggistica (non a caso ripreso, anche nel titolo, dall’eccellente raccolta di saggi di Eston Ellis White), ma potrebbe essere il manifesto, mai messo nero su bianco, del New Journalism a cui la Didion è da sempre associata, senza averne mai fatto pubblica professione, consapevole forse del fatto che, a stringere, il New Journalism non è mai esistito. O c’è da sempre, come sa chi ha letto quel gran pezzo di giornalismo che è l’Anabasi di Senofonte e imparato che la Storia, la forma più presuntuosa di giornalismo, è racconto, mai nuda elencazione di fatti, per altro sempre controversi. Ciò che la formula ha offerto, come stimolo al mercato e foglia di fico al tempo stesso, è un sovrappiù di spettacolo, un overacting narrativo tagliato su misura per autori particolarmente versati nell’andare ‘sopra le righe’ o ‘farla fuori dal vaso’: dal Norman Mailer sempre in cerca di risse, all’Hunter Thompson intrippato a vita nel suo scompiglio gonzo, al Capote ‘impegnato a spargere sedizione’, al Tom Wolfe bullista esteta. Ma non mi viene in mente nulla che abbia meno a che fare con la scrittura di Joan Didion. […]
…segue per 2 pagine nel numero 297 di Blow Up, in edicola a febbraio 2023
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#297) al costo di 10 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come ‘piego di libri’ (chi desidera una spedizione rapida ci contatti via email).
• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: non perderete neanche uno dei numeri pubblicati perché in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale vi faremo una seconda spedizione e riceverete a casa i quattro libri della collana trimestrale Director’s Cut il mese stesso della loro uscita per un risparmio complessivo di 60 euro!
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
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“Noi ci raccontiamo delle storie per vivere… Ci raccontiamo che fa una differenza se la donna nuda sta per commettere un peccato mortale o sta per esprimere una protesta politica o sta per essere riportata alla condizione umana dal pompiere in abito talare che s’intravede, nella finestra dietro di lei, sorridere al teleobiettivo. Cerchiamo la predica nel suicidio, la lezione sociale e morale nell’omicidio di cinque persone. Interpretiamo ciò che vediamo, selezioniamo la più praticabile delle scelte multiple. E, soprattutto se siamo scrittori, viviamo grazie all’imposizione di una linea narrativa sulle immagini più disparate, alle ‘idee’ con cui abbiamo imparato a congelare la mutevole fantasmagoria che costituisce la nostra esperienza effettiva.” È l’inizio di The White Album di Joan Didion, un pezzo forte della sua produzione saggistica (non a caso ripreso, anche nel titolo, dall’eccellente raccolta di saggi di Eston Ellis White), ma potrebbe essere il manifesto, mai messo nero su bianco, del New Journalism a cui la Didion è da sempre associata, senza averne mai fatto pubblica professione, consapevole forse del fatto che, a stringere, il New Journalism non è mai esistito. O c’è da sempre, come sa chi ha letto quel gran pezzo di giornalismo che è l’Anabasi di Senofonte e imparato che la Storia, la forma più presuntuosa di giornalismo, è racconto, mai nuda elencazione di fatti, per altro sempre controversi. Ciò che la formula ha offerto, come stimolo al mercato e foglia di fico al tempo stesso, è un sovrappiù di spettacolo, un overacting narrativo tagliato su misura per autori particolarmente versati nell’andare ‘sopra le righe’ o ‘farla fuori dal vaso’: dal Norman Mailer sempre in cerca di risse, all’Hunter Thompson intrippato a vita nel suo scompiglio gonzo, al Capote ‘impegnato a spargere sedizione’, al Tom Wolfe bullista esteta. Ma non mi viene in mente nulla che abbia meno a che fare con la scrittura di Joan Didion. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000