Hartmut Rosa
Hartmut Rosa
di Fabio Donalisio
“Questo libro è un saggio sulla vita moderna. Non aspira a un rigore scientifico e filosofico assoluto, bensì a porre il “giusto” tipo di domande, che permettano alla filosofia sociale e alla sociologia di ricollegarsi alle esperienze sociali di chi vive nella tarda modernità. […] Credo inoltre che oggi sociologi, filosofi e teorici della politica siano immersi in dibattiti e progetti di ricerca che non innescano scintille o accendono entusiasmi neppure in loro stessi. […] In questo libro voglio perciò ritornare alla domanda più importante che ci sia per gli esseri umani: che cos'è una “vita buona” e perché di fatto non l'abbiamo.”
C'era una volta il metodo. Prima ancora di entrare – utilizzando come pusterla d'ingresso, fessura in una solida cinta muraria che abbraccia e protegge la città del complesso, lo smilzo ma denso libretto di Hartmut Rosa, Accelerazione e alienazione – nel nocciolo caldo della disquisizione, lasciamo risuonare le parole, piane e apparentemente banali, dell'incipit di detto libro che, come d'ordinanza, sono una dichiarazione d'intenti. Si comincia con un'asserzione. Forte e basilare. Ci troviamo in un libro, con ogni evidenza. Avendolo letto su supporto digitale è lecito chiedersi intanto, a latere, che cosa sia, oggi, un libro, se non altro dal punto di vista oggettuale. Ma non è questo il punto, non qui. Poi ci viene detto che stiamo per leggere un saggio. E già la cosa si fa più interessante. Ci viene in qualche modo garantito, sulla fiducia almeno, che stiamo per esperire un qualcosa che esula, o dovrebbe, dalla narrazione, una sorta di oasi nell'oceano del racconto coatto che tanto caratterizza la nostra – appunto – modernità. Si è già detto anche su queste pagine, con gioiosa asistematicità che costringe a riportare l'idea, per chi volesse cimentarsi, alla sua dimensione sincronica tramite collazione di brandelli sparpagliati nel tempo, che ci troviamo in una condizione di palese tirannia del narrativo. Un processo profondo che va ben oltre la letteratura e che coinvolge in modo strutturale la percezione che gli individui hanno di sé e delle loro relazioni. Una delle conseguenze più evidenti è il tentativo di saturare ogni spazio della prosa – in senso lato – che risulti in qualche modo refrattario al racconto. Il dilagare del romanzo come forma mentis, anche contro ogni ragionevole se non utilità, almeno decenza. […]
…segue per 4 pagine nel numero 210 di Blow Up, in edicola a Novembre 2015 al costo di 6 euro
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
“Questo libro è un saggio sulla vita moderna. Non aspira a un rigore scientifico e filosofico assoluto, bensì a porre il “giusto” tipo di domande, che permettano alla filosofia sociale e alla sociologia di ricollegarsi alle esperienze sociali di chi vive nella tarda modernità. […] Credo inoltre che oggi sociologi, filosofi e teorici della politica siano immersi in dibattiti e progetti di ricerca che non innescano scintille o accendono entusiasmi neppure in loro stessi. […] In questo libro voglio perciò ritornare alla domanda più importante che ci sia per gli esseri umani: che cos'è una “vita buona” e perché di fatto non l'abbiamo.”
C'era una volta il metodo. Prima ancora di entrare – utilizzando come pusterla d'ingresso, fessura in una solida cinta muraria che abbraccia e protegge la città del complesso, lo smilzo ma denso libretto di Hartmut Rosa, Accelerazione e alienazione – nel nocciolo caldo della disquisizione, lasciamo risuonare le parole, piane e apparentemente banali, dell'incipit di detto libro che, come d'ordinanza, sono una dichiarazione d'intenti. Si comincia con un'asserzione. Forte e basilare. Ci troviamo in un libro, con ogni evidenza. Avendolo letto su supporto digitale è lecito chiedersi intanto, a latere, che cosa sia, oggi, un libro, se non altro dal punto di vista oggettuale. Ma non è questo il punto, non qui. Poi ci viene detto che stiamo per leggere un saggio. E già la cosa si fa più interessante. Ci viene in qualche modo garantito, sulla fiducia almeno, che stiamo per esperire un qualcosa che esula, o dovrebbe, dalla narrazione, una sorta di oasi nell'oceano del racconto coatto che tanto caratterizza la nostra – appunto – modernità. Si è già detto anche su queste pagine, con gioiosa asistematicità che costringe a riportare l'idea, per chi volesse cimentarsi, alla sua dimensione sincronica tramite collazione di brandelli sparpagliati nel tempo, che ci troviamo in una condizione di palese tirannia del narrativo. Un processo profondo che va ben oltre la letteratura e che coinvolge in modo strutturale la percezione che gli individui hanno di sé e delle loro relazioni. Una delle conseguenze più evidenti è il tentativo di saturare ogni spazio della prosa – in senso lato – che risulti in qualche modo refrattario al racconto. Il dilagare del romanzo come forma mentis, anche contro ogni ragionevole se non utilità, almeno decenza. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000