Half Japanese
Half Japanese
di Nicola Minucci
DA QUANDO gli Half Japanese sono tornati producono con ritmi da catena di montaggio. Questo non deve stupire chi conosce Jad Fair, uomo simbolo del gruppo, che fin dagli anni ‘80 ci ha abituato a una pioggia di uscite a lui riconducibili. Tornati a incidere come Half Japanese soltanto due anni fa dopo tredici di silenzio, Jad Fair e i suoi hanno pubblicato “Overjoyed” nel 2014, un EP nel 2015 e hanno addirittura due album in uscita nel 2016, uno dei quali, “Perfect”, è uscito a fine gennaio. A questi si affiancano i dischi che Jad ha pubblicato in collaborazione con altri artisti (l’ultimo è dello scorso settembre, si intitola “Yes” ed è stato realizzato insieme a Norman Blake dei Teenage Fanclub).
La formazione degli H.J. è ancora simile a quella degli anni ‘90 che avevamo lasciato nel 2001. C’è la chitarra noise di John Sluggett, collaboratore di lunghissima data, l’impeto selvaggio della sezione ritmica composta da Jason Willett (basso) e Gilles Rieder (batteria), e quel poco di ordine portato dalla chitarra di Mick Hobbs. Poi c’è lui, un Jad Fair in forma smagliante. Il solo vero cambiamento degno di nota è che da qualche anno ha smesso i suoi caratteristici occhiali tondi. Per il resto, continua a vivere relativamente lontano dai centri di produzione della musica americana (sta nei pressi di Austin, Texas) e a inanellare collaborazioni, album a nome suo o con gli Half Japanese.
Incontriamo la formazione a Parigi perché il piccolo giro europeo non passa dall’Italia, purtroppo spesso dimenticata dagli sporadici tour del gruppo. “Bisogna dirlo al nostro nuovo tour agent”, ci dice Jad. “E’ vero che non veniamo da un bel po’ di tempo in Italia, eppure abbiamo ottimi ricordi del paese e del pubblico.” Un paio d’ore dopo l’intervista, il concerto ci stupirà per freschezza e vivacità, oltre che per una padronanza strumentale che forse non ci si aspetterebbe da un gruppo che ha sempre sbandierato un’immagine di geniale dilettantismo. L’esibizione ripercorre tutta la storia degli Half Japanese andando a ripescare qualche brano da ogni album uscito sotto queste insegne, con le sole eccezioni delle primissime fatiche. Rispetto alle recenti prove su disco, gli Half Japanese live suonano più ruvidi e rumorosi, grazie specialmente al costante lavoro di scuola no wave di John Sluggett, e allo stile estremamente fisico e generoso di Gilles Rieder alla batteria. […]
…segue per 10 pagine nel numero 213 di Blow Up, in edicola a Febbraio 2016 al costo di 6 euro
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#213) al costo di 10 euro - spese postali incluse - e vi verrà spedito immediatamente via posta prioritaria. Se lo richiedete dopo il mese di riferimento dell’uscita vi verrà spedito, come ogni altro arretrato, con il primo invio mensile di abbonamenti e arretrati.
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
DA QUANDO gli Half Japanese sono tornati producono con ritmi da catena di montaggio. Questo non deve stupire chi conosce Jad Fair, uomo simbolo del gruppo, che fin dagli anni ‘80 ci ha abituato a una pioggia di uscite a lui riconducibili. Tornati a incidere come Half Japanese soltanto due anni fa dopo tredici di silenzio, Jad Fair e i suoi hanno pubblicato “Overjoyed” nel 2014, un EP nel 2015 e hanno addirittura due album in uscita nel 2016, uno dei quali, “Perfect”, è uscito a fine gennaio. A questi si affiancano i dischi che Jad ha pubblicato in collaborazione con altri artisti (l’ultimo è dello scorso settembre, si intitola “Yes” ed è stato realizzato insieme a Norman Blake dei Teenage Fanclub).
La formazione degli H.J. è ancora simile a quella degli anni ‘90 che avevamo lasciato nel 2001. C’è la chitarra noise di John Sluggett, collaboratore di lunghissima data, l’impeto selvaggio della sezione ritmica composta da Jason Willett (basso) e Gilles Rieder (batteria), e quel poco di ordine portato dalla chitarra di Mick Hobbs. Poi c’è lui, un Jad Fair in forma smagliante. Il solo vero cambiamento degno di nota è che da qualche anno ha smesso i suoi caratteristici occhiali tondi. Per il resto, continua a vivere relativamente lontano dai centri di produzione della musica americana (sta nei pressi di Austin, Texas) e a inanellare collaborazioni, album a nome suo o con gli Half Japanese.
Incontriamo la formazione a Parigi perché il piccolo giro europeo non passa dall’Italia, purtroppo spesso dimenticata dagli sporadici tour del gruppo. “Bisogna dirlo al nostro nuovo tour agent”, ci dice Jad. “E’ vero che non veniamo da un bel po’ di tempo in Italia, eppure abbiamo ottimi ricordi del paese e del pubblico.” Un paio d’ore dopo l’intervista, il concerto ci stupirà per freschezza e vivacità, oltre che per una padronanza strumentale che forse non ci si aspetterebbe da un gruppo che ha sempre sbandierato un’immagine di geniale dilettantismo. L’esibizione ripercorre tutta la storia degli Half Japanese andando a ripescare qualche brano da ogni album uscito sotto queste insegne, con le sole eccezioni delle primissime fatiche. Rispetto alle recenti prove su disco, gli Half Japanese live suonano più ruvidi e rumorosi, grazie specialmente al costante lavoro di scuola no wave di John Sluggett, e allo stile estremamente fisico e generoso di Gilles Rieder alla batteria. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000