Guido Crepax e Valentina
Guido Crepax e Valentina
di Christian Zingales
“QUANTO TEMPO…”, sibila una Valentina un po’ persa sulla rossa copertina del numero di giugno 1980 di Linus. Erano un paio di anni che la conturbante eroina mancava dalle pagine della rivista che l’aveva vista nascere 15 anni prima, nel 1965. Che romantica assurdità il tempo. Un’impalcatura dolce, insostenibile. Valentina è in lotta perenne con il tempo perché è in lotta perenne con sé stessa, ma vive questa battaglia con dolce, ipnotica seduttività. In “Valentina Movie”, una storia degli anni ’90, eccola schiacciare il piede sull’acceleratore in autostrada: “Io voglio che il tempo vada all’indietro…”, chiosa con sibillina precisione, come sempre persa, persa in una oscura deriva estatica, “A rebours…”, mentre divampano musiche di Duke Ellington, nuvole di In A Sentimental Mood, Sophisticated Lady, Transblucency. Bambino nei ’70, ho iniziato a leggere fumetti appena possibile, seguendo inizialmente solo le figure, con voracità e riconoscimento, e forte era il richiamo per ogni rivista, questa tangibile idea di contenitore, questo scrigno cartaceo di sorprese. Avendo un padre medico ricordo che delle tante riviste professionali che affollavano i suoi scaffali una in particolare richiamò la mia attenzione. Era un mensile, si chiamava Tempo Medico, ogni copertina intrigata da un disegnatore i cui tratti mi attiravano piuttosto morbosamente, nervosi e informati, sghembi ed eleganti, austeri ma comprensibili, oscuri quanto scintillanti, puri - per come riuscivano a comunicare a un bambino - e complessi. Flash che ritraevano squarci di vita professionale con aderenza, e quindi in maniera piana, ordinaria, ma d’altro canto in modo straniante, una tale messa a fuoco da sconfinare nell’allucinazione, con un po’ di spezie dai privati cassetti dell’autore in sovrapposizioni e ribaltamenti da gran teatro psicanalitico, in un fiorire di dettagli tra il tecnico e il naturalistico o l’astratto, e una precisa decodifica, non priva di empatia probabilmente, di quel tot di psicosi che cova in chi esercita la professione. L’occhio non poteva poi non cadere sulla firma, ancora non centrata dal mitologico cerchio, ma lineare, in un traballante corsivo minuscolo, g. crepax, e mannaggia che nome pazzesco, che biglietto da visita! […]
…segue per 10 pagine nel numero 201 di Blow Up, in edicola a Febbraio 2015 al costo di 6 euro
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
“QUANTO TEMPO…”, sibila una Valentina un po’ persa sulla rossa copertina del numero di giugno 1980 di Linus. Erano un paio di anni che la conturbante eroina mancava dalle pagine della rivista che l’aveva vista nascere 15 anni prima, nel 1965. Che romantica assurdità il tempo. Un’impalcatura dolce, insostenibile. Valentina è in lotta perenne con il tempo perché è in lotta perenne con sé stessa, ma vive questa battaglia con dolce, ipnotica seduttività. In “Valentina Movie”, una storia degli anni ’90, eccola schiacciare il piede sull’acceleratore in autostrada: “Io voglio che il tempo vada all’indietro…”, chiosa con sibillina precisione, come sempre persa, persa in una oscura deriva estatica, “A rebours…”, mentre divampano musiche di Duke Ellington, nuvole di In A Sentimental Mood, Sophisticated Lady, Transblucency. Bambino nei ’70, ho iniziato a leggere fumetti appena possibile, seguendo inizialmente solo le figure, con voracità e riconoscimento, e forte era il richiamo per ogni rivista, questa tangibile idea di contenitore, questo scrigno cartaceo di sorprese. Avendo un padre medico ricordo che delle tante riviste professionali che affollavano i suoi scaffali una in particolare richiamò la mia attenzione. Era un mensile, si chiamava Tempo Medico, ogni copertina intrigata da un disegnatore i cui tratti mi attiravano piuttosto morbosamente, nervosi e informati, sghembi ed eleganti, austeri ma comprensibili, oscuri quanto scintillanti, puri - per come riuscivano a comunicare a un bambino - e complessi. Flash che ritraevano squarci di vita professionale con aderenza, e quindi in maniera piana, ordinaria, ma d’altro canto in modo straniante, una tale messa a fuoco da sconfinare nell’allucinazione, con un po’ di spezie dai privati cassetti dell’autore in sovrapposizioni e ribaltamenti da gran teatro psicanalitico, in un fiorire di dettagli tra il tecnico e il naturalistico o l’astratto, e una precisa decodifica, non priva di empatia probabilmente, di quel tot di psicosi che cova in chi esercita la professione. L’occhio non poteva poi non cadere sulla firma, ancora non centrata dal mitologico cerchio, ma lineare, in un traballante corsivo minuscolo, g. crepax, e mannaggia che nome pazzesco, che biglietto da visita! […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000