Glitch Songwriters 2024
Glitch Songwriters 2024
di Stefano I. Bianchi
La pratica dell’uso musicale del glitch, il rumore digitale che si crea nel percorso creativo della musica elettronica, è nata nella seconda metà degli anni ’90 in ambiti sperimentali ma è ormai d’uso comune. Da errore che si presentava inavvertitamente e senza diretta volontà dell’artista (sfrigolio elettrico, refluo marginale, contatto incauto, feedback) il glitch si trasformò rapidamente in suppellettile sonora usata ad hoc come fosse una nuova forma di arrangiamento delle canzoni e delle musiche: invece di usare un sax, una tromba, una tastiera o una chitarra, ecco che lo scarto, l’avanzo, il rumore bizzarro e inusuale venivano insinuati dentro le canzoni come cavalli di Troia per disturbarle e renderle intriganti fino ad arrivare, in certi casi, a modificarne il dna trasformandole in qualcosa d’altro e inedito.
A rifletterci bene, è probabilmente questo il portato migliore, più innovativo e duraturo che ci ha lasciato la nu electronica degli anni ’90 dei vari Oval, Autechre, Ryoji Ikeda, Pan Sonic, Fennesz o Aphex Twin – a parte, ovviamente, le produzioni personali dei diretti interessati. L’uso dei glitch oggi è così frequente da risultare inavvertibile. Non si contano i musicisti che li trattengono o inseriscono come arrangiamento in maniera tutto sommato marginale, ma sono sempre più quelli che ne fanno uso in maniera talmente importante da finire per mutare il concetto stesso di canzone: niente più incisi né ponti né assolo, e delle melodie solo brandelli e fantasmi, quel poco che serve a dare alle tracce un assetto che renda un’idea plausibile di ciò che un tempo immaginavamo, appunto, come canzone. Negli ultimi anni ne abbiamo avute così tante dimostrazioni (positive e talvolta superlative) da spingerci a pensare che siamo ormai nell’età matura e compiuta di una nuova forma di canzone. Negli ultimi mesi, in particolare, si sono segnalate tre musiciste che hanno pubblicato i loro nuovi album all’insegna di un “cantautorato glitch” di notevolissima fattura. […]
…segue per 8 pagine nel numero 313 di Blow Up, in edicola a giugno 2024
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#313) al costo di 12 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come ‘piego di libri’ (chi desidera una spedizione rapida ci contatti via email).
• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: non perderete neanche uno dei numeri pubblicati perché in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale vi faremo una seconda spedizione e riceverete a casa i quattro libri della collana trimestrale Director’s Cut il mese stesso della loro uscita per un risparmio complessivo di 60 euro!
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
La pratica dell’uso musicale del glitch, il rumore digitale che si crea nel percorso creativo della musica elettronica, è nata nella seconda metà degli anni ’90 in ambiti sperimentali ma è ormai d’uso comune. Da errore che si presentava inavvertitamente e senza diretta volontà dell’artista (sfrigolio elettrico, refluo marginale, contatto incauto, feedback) il glitch si trasformò rapidamente in suppellettile sonora usata ad hoc come fosse una nuova forma di arrangiamento delle canzoni e delle musiche: invece di usare un sax, una tromba, una tastiera o una chitarra, ecco che lo scarto, l’avanzo, il rumore bizzarro e inusuale venivano insinuati dentro le canzoni come cavalli di Troia per disturbarle e renderle intriganti fino ad arrivare, in certi casi, a modificarne il dna trasformandole in qualcosa d’altro e inedito.
A rifletterci bene, è probabilmente questo il portato migliore, più innovativo e duraturo che ci ha lasciato la nu electronica degli anni ’90 dei vari Oval, Autechre, Ryoji Ikeda, Pan Sonic, Fennesz o Aphex Twin – a parte, ovviamente, le produzioni personali dei diretti interessati. L’uso dei glitch oggi è così frequente da risultare inavvertibile. Non si contano i musicisti che li trattengono o inseriscono come arrangiamento in maniera tutto sommato marginale, ma sono sempre più quelli che ne fanno uso in maniera talmente importante da finire per mutare il concetto stesso di canzone: niente più incisi né ponti né assolo, e delle melodie solo brandelli e fantasmi, quel poco che serve a dare alle tracce un assetto che renda un’idea plausibile di ciò che un tempo immaginavamo, appunto, come canzone. Negli ultimi anni ne abbiamo avute così tante dimostrazioni (positive e talvolta superlative) da spingerci a pensare che siamo ormai nell’età matura e compiuta di una nuova forma di canzone. Negli ultimi mesi, in particolare, si sono segnalate tre musiciste che hanno pubblicato i loro nuovi album all’insegna di un “cantautorato glitch” di notevolissima fattura. […]
…segue per 8 pagine nel numero 313 di Blow Up, in edicola a giugno 2024
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000