Emmanuel Carrère
Emmanuel Carrère
di Fabio Donalisio

SONO SECOLI che si dibatte sulla prima persona in letteratura. Sulla pesantezza e sulla pregnanza del pronome “io” e su quanto si celi alle sue spalle. Sui gradi di separazione che si intromettono tra realtà e mimesis; e anche, in ultima analisi, su cosa sia la realtà – quasi unica traccia della parola res (cosa, a tutti gli effetti cosa) rimasta in italiano – in sé, e tanto più quando condensata in caratteri tipografici. Viviamo poi (anche la prima plurale ha i suoi abissi, nonché il verbo vivere) in tempi (altra parola evidentemente oscura) in cui la realtà, pressata da ogni lato da eversivi sintomi di sparizione, ha sviluppato una compulsiva (e dolosa, codadipagliesca) sindrome di autoconfermazione, come si esistesse in un costante prolungato ipercorrettismo, in una febbre emorragica di ostensione di sé e di rigetto della metafora (che, per inciso, è la garanzia del perdurare del pensiero, e della fantasia); il tutto semplicemente per convincersi di esistere, e di esistere attivamente, con una capacità di intervento del tutto illusoria ma pervicace che ci ha consegnato il modus illuminista occidentale e che ha, tra le sue radici occulte, anche il radicale ottimismo della volontà di Paolo di Tarso, uno degli “oggetti” (uso le virgolette perché parliamo di un libro fatto integralmente di soggetto) delle pagine di cui proviamo a dare conto, o meglio della lotta con tali pagine. Paolo di Tarso, presto san Paolo, che della parola sovvertente e illogica di un lucido folle, volle – fortissimamente volle – fare struttura. Una struttura che non solo è diventata uno dei simboli della durata del potere, ma che, nella sua diminutio passiva aggressiva dell'uomo di fronte a dio ha innestato per contrario una delle più efficaci conferme dell'importanza umana di fronte al mondo. E, tutto questo, si badi, partendo dal Verbo, una parola che, tra la sua effettiva pronuncia come fatto, e il suo diventare Libro, registra un significativo e fondamentale iato, in cui si cela uno dei misteri fondativi e sacrificali della nascita del mondo come noi – noi nati nel tardo occidente – abbiamo imparato a codificare, a interpretare, a vedere, a voler modificare proprio tramite quella griglia di paradossali parametri. […]

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