Emily Dickinson
Emily Dickinson
di Matteo Moca
«EMILY BRUCIA, nel mistico vuoto d’aria di una assenza totale, mondi su mondi, balza da stella morta a stella ancor vivente, valicando la follia e la morte». Questo scrive Cristina Campo su Emily Dickinson in Gli imperdonabili (in uno splendido saggio sulla parola altrettanto ardente di John Donne), mettendo a fuoco, in poche righe, la tensione più profonda dell'opera della poetessa americana, quella tra lo spazio chiuso della camera dove le poesie sono state scritte, in un'assenza quasi totale del mondo esterno, e l'orizzonte infinito che queste aprono. La poesia di Dickinson è fatta di parole semplici che nella loro architettura fragile e sottile compongono una sfida ardua a maggior ragione a chiunque si avvicini al dettato originale: Eugenio Montale parlò di un lavoro «molto difficile» poiché «le forme ellittiche che distinguono la sua poesia trovano pochi corrispondenti nella nostra lingua» e se in effetti si scorre l'elenco di poeti e scrittori che si sono cimentati con la traduzione della sua opera, le cui versioni si trovano nello straordinario “Meridiano” che raccoglie tutte le poesie di Dickinson a cura della finissima studiosa Marisa Bulgheroni, si trovano nomi di autori che hanno fatto dello studio della parola e della manipolazione del verso una ragione letteraria come Cristina Campo, la sodale Margherita Guidacci, ma anche Mario Luzi, Amelia Rosselli, Giovanni Giudici. Proprio Bulgheroni, nella sua splendida introduzione al “Meridiano”, sottolinea da un lato l'unicità della lingua di Dickinson e dall'altra come le traduzioni di altri poeti, quando le lingue rispondono tra loro, facciano risuonare più forte la sua parola: «la tendenza ad assimilare al lessico personale il linguaggio dickinsoniano convive, in ciascun poeta, con la volontà di conservare intatta l'energia misteriosa dell'originale». Bulgheroni parla della necessità di una «ricettività divinatrice» nell'affrontare il testo originale e due libri usciti negli ultimi mesi, che raccolgono traduzioni d'autore, testimoniano lo sforzo e, come emblemi, fissano la riuscita dell'esercizio in un dettato diverso ma, in entrambi i casi, felice, la prima opera di un traduttore celebre per alcuni lavori su saggi che hanno avuto un'incidenza straordinaria nella storia culturale italiana, l'altra di una tre le maggiori studiose della letteratura di lingua inglese e traduttrice, tra gli altri, di poeti come Wallace Stevens e William Shakespeare. […]
…segue per 2 pagine nel numero 309 di Blow Up, in edicola a febbraio 2024
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
«EMILY BRUCIA, nel mistico vuoto d’aria di una assenza totale, mondi su mondi, balza da stella morta a stella ancor vivente, valicando la follia e la morte». Questo scrive Cristina Campo su Emily Dickinson in Gli imperdonabili (in uno splendido saggio sulla parola altrettanto ardente di John Donne), mettendo a fuoco, in poche righe, la tensione più profonda dell'opera della poetessa americana, quella tra lo spazio chiuso della camera dove le poesie sono state scritte, in un'assenza quasi totale del mondo esterno, e l'orizzonte infinito che queste aprono. La poesia di Dickinson è fatta di parole semplici che nella loro architettura fragile e sottile compongono una sfida ardua a maggior ragione a chiunque si avvicini al dettato originale: Eugenio Montale parlò di un lavoro «molto difficile» poiché «le forme ellittiche che distinguono la sua poesia trovano pochi corrispondenti nella nostra lingua» e se in effetti si scorre l'elenco di poeti e scrittori che si sono cimentati con la traduzione della sua opera, le cui versioni si trovano nello straordinario “Meridiano” che raccoglie tutte le poesie di Dickinson a cura della finissima studiosa Marisa Bulgheroni, si trovano nomi di autori che hanno fatto dello studio della parola e della manipolazione del verso una ragione letteraria come Cristina Campo, la sodale Margherita Guidacci, ma anche Mario Luzi, Amelia Rosselli, Giovanni Giudici. Proprio Bulgheroni, nella sua splendida introduzione al “Meridiano”, sottolinea da un lato l'unicità della lingua di Dickinson e dall'altra come le traduzioni di altri poeti, quando le lingue rispondono tra loro, facciano risuonare più forte la sua parola: «la tendenza ad assimilare al lessico personale il linguaggio dickinsoniano convive, in ciascun poeta, con la volontà di conservare intatta l'energia misteriosa dell'originale». Bulgheroni parla della necessità di una «ricettività divinatrice» nell'affrontare il testo originale e due libri usciti negli ultimi mesi, che raccolgono traduzioni d'autore, testimoniano lo sforzo e, come emblemi, fissano la riuscita dell'esercizio in un dettato diverso ma, in entrambi i casi, felice, la prima opera di un traduttore celebre per alcuni lavori su saggi che hanno avuto un'incidenza straordinaria nella storia culturale italiana, l'altra di una tre le maggiori studiose della letteratura di lingua inglese e traduttrice, tra gli altri, di poeti come Wallace Stevens e William Shakespeare. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000