Dungeon Synth
Dungeon Synth
di Ruben Gavilli

“Quando andavo alle superiori nel 2004, c'era un pezzo su Mortiis (tutto truccato nella foto) in un libro sul metal. Pensai "cavolo, questo genere di metal deve essere proprio tremendo!". Questo succedeva prima di YouTube: musica simile non se ne trovava, quindi me ne dimenticai alla svelta, anche se ogni tanto ripensavo a quella foto. Proprio ieri un amico mi ha mandato una cosa su Mortiis, me l'ha fatto tornare in mente e ho deciso di ascoltarlo. È così tranquillo e rilassante, LOL! Mi piace da morire!” [utente Youtube]

Il commento qui sopra, trovato per caso sotto a un album di Mortiis, padre del dungeon synth, è particolarmente efficace per riassumere il senso di questo articolo. L’autore ha pensato per anni che Mortiis fosse un sanguinario esponente del metal estremo, ma, appena ha avuto tra le mani un suo album, scopre che in realtà la musica è tutt’altro che estrema, ma, anzi, è particolarmente rilassante. Eppure, questo utente non ha tutti i torti: che musica vi aspettereste da un tizio che sale sui palchi travestito da lugubre goblin dai capelli lunghi, con una cotta di maglia corrosa, e una piccola ascia medievale? Va bene, sale sul palco da solo, non ha una band con sé, ma solo una postazione con sintetizzatori e tastiere varie: sarà una sorta di Masami Akita in salsa medievale? No, neanche quello. Allora ripartiamo.
Mortiis è uno dei capostipiti del dungeon synth, sottogenere di musica elettronica nato all’inizio degli anni ’90, il cui culto ha raggiunto uno status di buona notorietà, soprattutto nell’underground dell’Europa settentrionale e degli USA. Senza entrare in questioni filogenetiche troppo complicate, di solito si definisce il dungeon synth una branca del “dark ambient”: quest’ultimo si affermò a metà degli anni ’80 grazie all’opera dell’etichetta svedese Cold Meat Industry, ispirata dalle sperimentazioni elettroniche di Throbbing Gristle, dei Tangerine Dream, dei Popol Vuh e perfino della colonna sonora di “Eraserhead”. Il dark ambient cercava di ricreare sensazioni di isolamento, disperazione, oscurità, grazie all’effetto di droni, di melodie dissonanti, macchine rumoristiche, percussioni e via dicendo, come testimoniano le opere di Lustmord, Nocturnal Emissions o Zoviet France. Il dungeon synth univa a queste intuizioni sonore un insieme di elementi distanti dalla cultura noise, ambient o industrial: la letteratura fantasy, l’immaginario medievale e la cultura new age degli anni ’80. […]

…segue per 6 pagine nel numero 320 di Blow Up, gennaio 2025

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