Don DeLillo "Rumore bianco"
Don DeLillo "Rumore bianco"
di Maurizio Bianchini

QUANDO USCÌ in italiano, nel 1987, due anni dopo la pubblicazione negli Stati Uniti, Rumore bianco prese tutti alla sprovvista. Ignari di quanto fosse in anticipo sui tempi, non si vide, in quella epopea di figure eccentriche, spinte da un sentire indecifrabile, dentro scenografie inusitate, il prototipo con cui, trent’anni dopo, la fiction seriale avrebbe saturato l’immaginario collettivo. Sfuggì, tanto più alla periferia dell’impero, il collasso delle vecchie narrazioni e la mitopoiesi della realtà virtuale destinata a surrogare quella reale, minata a morte da un’economia invisibile, dalla disintermediazione, dal digitale, dai social e dalle fake news, fino a riplasmare l’ordo rerum con il mondo fiabesco della pubblicità. La ristampa di Rumore bianco, romanzo per il quale aggettivi come ‘epocale’ o ‘visionario’ non sono, per una volta, usati a sproposito, offriva il destro per una profonda rimeditazione su chi (non) siamo e su dove andiamo (a sbattere), ma la nuova traduzione di Federica Aceto, buona come la precedente nel valorizzare aspetti diversi del caleidoscopio testuale, ha finito per monopolizzare l’interesse, a danno di quella ‘contestualizzazione’ che sempre più latita, come se i romanzi nascessero dal nulla – il che in qualche misura è, venendo, non pochi di essi, dalla scuole di scrittura.
Termini come ‘profetico’, o ‘seminale’, che a metà degli anni Ottanta hanno accompagnato l’entrata trionfale di Rumore bianco nel panorama della narrativa americana, perdono ogni vaghezza nel definire l’impatto vasto e profondo avuto dal libro sulla comunità dei lettori e degli autori. Sono gli anni in cui il realismo a stelle e strisce si gode, con Philip Roth, Saul Bellow, John Updike, Richard Ford, Cormac McCarthy, il trionfo prima della fine, nella sua ultima maschera – violenta, estrema, ‘sporca’ (si pensi al Teatro di Sabbath di Roth – un’orgia di verismo impudente che sale al cielo come un Gōtterdämmerung yankee da un mondo che scricchiola, ma non dà l’idea di disfarsi. Non ancora.). È da questo brodo di coltura, più che dai formalismi, gli escapismi e gli scetticismi dell’enclave post-moderna in cui è, come dire? detenuto contro la sua volontà, che Delillo trae la neolingua per dire la fine della storia, o di un’epoca che l’ha segnata come nessuna prima, e insieme l’istantaneità ed infinita ripetizione del presente; dell’irrilevanza della realtà e della preponderanza dell’apparente e del fittizio di quella che la sta sostituendo. (Solo Pynchon condivide con lui lo shining, la ‘luccicanza’ del futuro, ma non il suo interesse per le conseguenze sociali). Il codice espressivo di Rumore bianco irrompe così in anticipo sui tempi che solo oggi si può discernere appieno la radicalità. […]

…segue per 2 pagine nel numero 299 di Blow Up, in edicola a aprile 2023

• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#299) al costo di 10 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come ‘piego di libri’ (chi desidera una spedizione rapida ci contatti via email).

• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: non perderete neanche uno dei numeri pubblicati perché in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale vi faremo una seconda spedizione e riceverete a casa i quattro libri della collana trimestrale Director’s Cut il mese stesso della loro uscita per un risparmio complessivo di 60 euro!

Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.



Tag: Don DeLillo "Rumore bianco"
©2024 Blow Up magazine all rights reserved
TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000