DISCO INFERNO
DISCO INFERNO
Salvo Pinzone
I tre album e i sette singoli prodotti non danno l’esatta dimensione di quanto effettivamente i tre Disco Inferno fossero entrati nei giovani tessuti di una generazione alla ricerca di nuove frontiere. Mentre oggi tornano alla luce delle vecchie ma attualissime radio session...
Sono passati dieci anni da quando i Disco Inferno, seguiti da pochi fans e qualche giornalista curioso, si esibivano nei localini di Camden; in quel periodo - sul finire degli anni ‘80 - in U.K. stavano scemando i fasti della scena mancuniana per lasciar spazio a un forte riflusso pop che da lì a poco si sarebbe tramutato nel Britpop. Poco poteva importare di tre ragazzi ancora succubi del fascino oscuro dei Joy Division che dopo tre anni di concerti si preparavano a realizzare il loro singolo di debutto, Entertainment, seguito a breve dall’album Open Doors Close Windows. L’etichetta era la Ché Records, che insieme a Dedicated, Cherry Red, Too Pure e altre cercava una strada alternativa al pop tradizionale.
L’album non era male, vivo di spunti personali seppur fossero riconoscibili dalle linee di basso le tetre influenze; il lavoro efficace delle chitarre, per contrasto a un basso sommerso, disegnava sinuose melodie a sostegno di una voce ancora incerta. Inizialmente il lavoro fece breccia su un taglio di fans ancora non saturo delle atmosfere 4AD, rosicchiando qua e là un modesto interesse; con l’uscita del singolo Science, ancora stabile su quella linea sonora, si concludeva il rapporto con la Ché Records, che colse l’occasione per assemblare le tre produzioni (più un brano inedito, Broken) in un unico CD titolato In Debt.
Il punto di svolta per Ian Crause (samplers, chitarra e voce), Rob Whatley (batteria samplers) e Paul Wilmot (basso) fu il singolo Summer’s Last Sound (su Chree, che propose al gruppo un accordo per addirittura cinque album): due lunghe tracce tenute insieme da fitte ragnatele di chitarre e da un basso pieno, entrambi graffiati da samples apparentemente scoordinati, quasi seminati casualmente; l’impressione era che i Disco Inferno avessero intrapreso un percorso iniziato dagli AR Kane sfruttando le intuizioni espresse dai My Bloody Valentine.
La strada era quella giusta ma la sorte non stava dalla loro parte poiché i conti in rosso della Chree ne decretarono la liquidazione. Anche se i Disco Inferno non avevano mai sognato di diventare delle rockstar la delusione era notevole e solo la firma con la Rough Trade riuscì a scacciare questa loro prima crisi; nel 1993 iniziava, con From The Devil ToThe Deep Blue Sky, la loro opera di sventramento del pop, anche se la meravigliosa The Last Dance - in perfetto stile New Order - sabotava in parte le brutte intenzioni. Altre band sentivano questa voglia di fuga dagli oppressivi trend, ora New Wave Of New Wave ora Britpop, e quasi involontariamente Sefeel, Pram, Bark Psychosis, Disco Inferno, Spoonfed Hybrid e altri ancora si incontrarono nell’impegnativo intento di trattare, consumare e piegare le coordinate del pop.
Il 1994 si dimostrò subito un anno di grande fermento e l’impatto con Go Pop, il loro secondo album, fu corrosivo; l’effetto era simile al prendere un bel pezzo pop e schizzarne il vinile di solco in solco col vetriolo, fino a deformarne l’immediata piacevolezza. Gli otto brani erano ripetutamente torturati da mille sample che imperversavano in ogni nota come sciami d’api lasciando magicamente intuire la bellezza della traccia. Pare che Ian avesse collegato dei sample differenti a ogni corda della chitarra riuscendo a tirare fuori suoni di straniante piacere come corollario a canzoni pop assolutamente originali.
I singoli a seguire arginarono in parte quell’impeto; The Second Language metteva a punto le innovazioni e mostrava lo strato tenero, quasi languido, dei Disco Inferno. It’s A Kid’s World, ultimo singolo della sfera Go Pop, incantava e metteva in luce il campionamento della batteria di Lust For Life di Iggy Pop; piacevolmente ironico, A Night On The Tiles riproponeva in loop frammenti di Je Ne Regrette Rien di Edith Piaf.
L’anno si chiuse bene per i tre ragazzi, che ebbero il piacere di partecipare (con una version di Lost In Frog) a Isolationism, una delle più significative e fondamentali compilation di fine millennio. Il gruppo firmò un accordo con la One Little Indian per il terzo album, Technicolour, ma appena finite le session di registrazione qualcosa si ruppe nell’equilibrio interno della band; certamente aveva contribuito lo scoramento per aver subito il furto di quasi tutta la strumentazione e la manifesta indifferenza della One Little Indian, che si rifiutò addirittura di onorare il contratto non stampando il disco e causando così lo scioglimento del gruppo. Technicolour, dopo un anno di limbo, venne stampato dalla Rough Trade: per niente postumo, il CD mediava perfettamente il percorso innovativo con l’innata spinta pop. Ancora nove grandi brani dall’ottima propulsione ritmica narcotizzata da alchimie ricercate, il ricordo più sentito che il gruppo potesse lasciare.
In questo momento di transizione, quando giovani generazioni di sperimentatori cercano ancora di oltrepassare nuovi confini, fa piacere sentir parlare di nuovo dei Disco Inferno. A rimuovere la polvere dai ricordi hanno contribuito prima i Piano Magic con la reinterpretazione di un loro brano nel proprio recente album e poi la Tugboat, che ha ripescato e stampato la loro ultima registrazione. Mixing It Session (CD Tugboat, 6t-16:20) riprende una session per Radio 3 con sei tracce strumentali ispirate alle diverse specie del mondo animale dove la band, come in un concept, sviluppa un tema sonoro per ognuna - ovviamente alla propria maniera. l’esperimento riesce come fosse l’effetto di una scatola magica e la massima espressione viene raggiunta in Bird e Rats, dove le ambientazioni sonore create liberano letteralmente l’immaginazione; ancora una volta si può riconoscere l’originalità espressiva di questo sfortunato trio, in un mondo sempre più infestato da cloni.
ALBUM E SINGOLI
Entertainment (7” Chè Records 1991)
Open Doors Close Windows (LP Chè Records 1991)
Science (12” Chè Records 1991)
In Debt (CD Chè Records 1992)
Summer’s Last Sound ( 12”/CDs Chree 1992)
From The Devil ToThe Deep Blue Sky (12” Rough Trade 1993)
Last Dance (12” Rough Trade 1993)
Go Pop (LP/CD Rough Trade 1994)
The Second Language (12” Rough Trade 1994)
It’s A Kid’s World (12” Rough Trade 1994)
Technicolour (CD Rough Trade 1996)
Mixing It Session (CDs Tugboat 1999)
PARTECIPAZIONI
Lost Frog, su Ambient 4: Isolationism (2CD Virgin 1994)
remix di un pezzo di The Ecstasy Of Santa Theresa su Astralavista (12” Free 1994)
The Second Language demo su Volume 16 (CD Volume 10 1994)
[pubblicato su Blow Up #18 – Novembre 1999]
© Tuttle Edizioni 2009
I tre album e i sette singoli prodotti non danno l’esatta dimensione di quanto effettivamente i tre Disco Inferno fossero entrati nei giovani tessuti di una generazione alla ricerca di nuove frontiere. Mentre oggi tornano alla luce delle vecchie ma attualissime radio session...
Sono passati dieci anni da quando i Disco Inferno, seguiti da pochi fans e qualche giornalista curioso, si esibivano nei localini di Camden; in quel periodo - sul finire degli anni ‘80 - in U.K. stavano scemando i fasti della scena mancuniana per lasciar spazio a un forte riflusso pop che da lì a poco si sarebbe tramutato nel Britpop. Poco poteva importare di tre ragazzi ancora succubi del fascino oscuro dei Joy Division che dopo tre anni di concerti si preparavano a realizzare il loro singolo di debutto, Entertainment, seguito a breve dall’album Open Doors Close Windows. L’etichetta era la Ché Records, che insieme a Dedicated, Cherry Red, Too Pure e altre cercava una strada alternativa al pop tradizionale.
L’album non era male, vivo di spunti personali seppur fossero riconoscibili dalle linee di basso le tetre influenze; il lavoro efficace delle chitarre, per contrasto a un basso sommerso, disegnava sinuose melodie a sostegno di una voce ancora incerta. Inizialmente il lavoro fece breccia su un taglio di fans ancora non saturo delle atmosfere 4AD, rosicchiando qua e là un modesto interesse; con l’uscita del singolo Science, ancora stabile su quella linea sonora, si concludeva il rapporto con la Ché Records, che colse l’occasione per assemblare le tre produzioni (più un brano inedito, Broken) in un unico CD titolato In Debt.
Il punto di svolta per Ian Crause (samplers, chitarra e voce), Rob Whatley (batteria samplers) e Paul Wilmot (basso) fu il singolo Summer’s Last Sound (su Chree, che propose al gruppo un accordo per addirittura cinque album): due lunghe tracce tenute insieme da fitte ragnatele di chitarre e da un basso pieno, entrambi graffiati da samples apparentemente scoordinati, quasi seminati casualmente; l’impressione era che i Disco Inferno avessero intrapreso un percorso iniziato dagli AR Kane sfruttando le intuizioni espresse dai My Bloody Valentine.
La strada era quella giusta ma la sorte non stava dalla loro parte poiché i conti in rosso della Chree ne decretarono la liquidazione. Anche se i Disco Inferno non avevano mai sognato di diventare delle rockstar la delusione era notevole e solo la firma con la Rough Trade riuscì a scacciare questa loro prima crisi; nel 1993 iniziava, con From The Devil ToThe Deep Blue Sky, la loro opera di sventramento del pop, anche se la meravigliosa The Last Dance - in perfetto stile New Order - sabotava in parte le brutte intenzioni. Altre band sentivano questa voglia di fuga dagli oppressivi trend, ora New Wave Of New Wave ora Britpop, e quasi involontariamente Sefeel, Pram, Bark Psychosis, Disco Inferno, Spoonfed Hybrid e altri ancora si incontrarono nell’impegnativo intento di trattare, consumare e piegare le coordinate del pop.
Il 1994 si dimostrò subito un anno di grande fermento e l’impatto con Go Pop, il loro secondo album, fu corrosivo; l’effetto era simile al prendere un bel pezzo pop e schizzarne il vinile di solco in solco col vetriolo, fino a deformarne l’immediata piacevolezza. Gli otto brani erano ripetutamente torturati da mille sample che imperversavano in ogni nota come sciami d’api lasciando magicamente intuire la bellezza della traccia. Pare che Ian avesse collegato dei sample differenti a ogni corda della chitarra riuscendo a tirare fuori suoni di straniante piacere come corollario a canzoni pop assolutamente originali.
I singoli a seguire arginarono in parte quell’impeto; The Second Language metteva a punto le innovazioni e mostrava lo strato tenero, quasi languido, dei Disco Inferno. It’s A Kid’s World, ultimo singolo della sfera Go Pop, incantava e metteva in luce il campionamento della batteria di Lust For Life di Iggy Pop; piacevolmente ironico, A Night On The Tiles riproponeva in loop frammenti di Je Ne Regrette Rien di Edith Piaf.
L’anno si chiuse bene per i tre ragazzi, che ebbero il piacere di partecipare (con una version di Lost In Frog) a Isolationism, una delle più significative e fondamentali compilation di fine millennio. Il gruppo firmò un accordo con la One Little Indian per il terzo album, Technicolour, ma appena finite le session di registrazione qualcosa si ruppe nell’equilibrio interno della band; certamente aveva contribuito lo scoramento per aver subito il furto di quasi tutta la strumentazione e la manifesta indifferenza della One Little Indian, che si rifiutò addirittura di onorare il contratto non stampando il disco e causando così lo scioglimento del gruppo. Technicolour, dopo un anno di limbo, venne stampato dalla Rough Trade: per niente postumo, il CD mediava perfettamente il percorso innovativo con l’innata spinta pop. Ancora nove grandi brani dall’ottima propulsione ritmica narcotizzata da alchimie ricercate, il ricordo più sentito che il gruppo potesse lasciare.
In questo momento di transizione, quando giovani generazioni di sperimentatori cercano ancora di oltrepassare nuovi confini, fa piacere sentir parlare di nuovo dei Disco Inferno. A rimuovere la polvere dai ricordi hanno contribuito prima i Piano Magic con la reinterpretazione di un loro brano nel proprio recente album e poi la Tugboat, che ha ripescato e stampato la loro ultima registrazione. Mixing It Session (CD Tugboat, 6t-16:20) riprende una session per Radio 3 con sei tracce strumentali ispirate alle diverse specie del mondo animale dove la band, come in un concept, sviluppa un tema sonoro per ognuna - ovviamente alla propria maniera. l’esperimento riesce come fosse l’effetto di una scatola magica e la massima espressione viene raggiunta in Bird e Rats, dove le ambientazioni sonore create liberano letteralmente l’immaginazione; ancora una volta si può riconoscere l’originalità espressiva di questo sfortunato trio, in un mondo sempre più infestato da cloni.
ALBUM E SINGOLI
Entertainment (7” Chè Records 1991)
Open Doors Close Windows (LP Chè Records 1991)
Science (12” Chè Records 1991)
In Debt (CD Chè Records 1992)
Summer’s Last Sound ( 12”/CDs Chree 1992)
From The Devil ToThe Deep Blue Sky (12” Rough Trade 1993)
Last Dance (12” Rough Trade 1993)
Go Pop (LP/CD Rough Trade 1994)
The Second Language (12” Rough Trade 1994)
It’s A Kid’s World (12” Rough Trade 1994)
Technicolour (CD Rough Trade 1996)
Mixing It Session (CDs Tugboat 1999)
PARTECIPAZIONI
Lost Frog, su Ambient 4: Isolationism (2CD Virgin 1994)
remix di un pezzo di The Ecstasy Of Santa Theresa su Astralavista (12” Free 1994)
The Second Language demo su Volume 16 (CD Volume 10 1994)
[pubblicato su Blow Up #18 – Novembre 1999]
© Tuttle Edizioni 2009
TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000