Daniel Clowes
Daniel Clowes
Alessio Trabacchini, Fabio Donalisio, Roberto Curti

Narratore per immagini e parole molto più e molto prima che fumettista: un ritratto di DANIEL CLOWES


La solitudine del fumettista
di Alessio Trabacchini

ESISTONO una solitudine, un feticismo e una paranoia che appartengono soltanto ai fumetti. Un artista che voglia essere grande e che per esserlo abbia scelto il fumetto, di per sé prova estrema di sincerità e perversione, deve confrontarsi con queste tre qualità. Per grande qui intendiamo semplicemente un’attitudine e un’assunzione di responsabilità, quelle di produrre opere che costringano la realtà a specchiarsi in esse e la mettano alla prova in una quasi-inversione del processo mimetico; opere che costringano l’autore a mettersi in dubbio, se necessario a umiliarsi, a sacrificarsi. Daniel Clowes, credo, ha voluto fin dall’inizio essere grande, non per superbia – o anche, affari suoi –, ma per senso del dovere, perché riluttante a concepire qualsiasi altro modo di essere artista. Nato a Chicago, Illinois, nel 1961, autore di una quindicina di libri e di una rivista personale senza contare cinema e grafica, Daniel Clowes è dunque uno dei grandi narratori e creatori di immagini in bilico tra il vecchio e il nuovo millennio: una posizione scomoda e, al contempo, ricca di opportunità. È questione, come sempre, di ampiezza di visione e di esattezza, ma oltre a questo Clowes sembra essere immune alle principali malattie endemiche del presente. Alieno all’autoindulgenza senza neanche cadere nel suo subdolo rovescio, mai derivativo nonostante costruisca i suoi palazzi con materiali di recupero di cui non è quasi mai difficile riconoscere l’origine, ironico senza spocchia ma con molta inquietudine. (Quel misto di disagio e divertimento che si può provare leggendo i sui fumetti – lo diciamo ora e tra parentesi perché poi non ci sarà tempo di tornarci – dipende forse dal fatto che, spesso, Clowes ride. Sembra di sentirlo ridere, anche nei momenti peggiori, ed è una risata che non c’entra con l’ironia ed è difficile da spiegare.) Per introdurci nel suo lavoro proviamo allora a usare come porte le tre parole citate all’inizio: solitudine, feticismo e paranoia. […]


David Clowes (quasi) book by book
Cinque schede per cinque libri fondamentali di Clowes. I titoli sono in ordine di apparizione in originale, l'anno fa riferimento all'ultima edizione italiana disponibile. Oltre a quelli citati sono stati tradotti in italiano anche Wilson (2010), Caricature (2011) e Mister Wonderful (2013, recensito sul numero scorso), tutti per Coconino press. […]
di Fabio Donalisio


Come un guanto di velluto...
Daniel Clowes al cinema: Ghost World e Art School Confidential
di Roberto Curti

«PUOI FARCELA, figliolo, sì che puoi farcela» dice il pittore fallito Jimmy (Jim Broadbent), tra un sorso e l’altro di Slivovitz, al giovane Jerome (Max Minghella), che vorrebbe diventare il più grande artista del 21° secolo e si è iscritto alla scuola d’arte Strathmore, accumulando delusioni su delusioni. E aggiunge: «Ma devi prendere qualche lezione nell’arte di succhiare cazzi e leccare culi». Quando scrive Art School Confidential (2006), Daniel Clowes ha qualche sassolino da togliersi sul mondo dell’arte. S’era già intuito ai tempi di Ghost World (2001), dove l’adolescente Enid (Thora Birch) frequentava i corsi di educazione artistica sotto la guida della segaligna miss Allsworth, con esiti frustranti. E ispirati alle resistenze incontrate dallo stesso Clowes quando, a metà anni ’80, tentava di spiegare ai suoi professori che voleva disegnare fumetti come quelli di Robert Crumb e Art Spiegelman ottenendo in cambio sguardi di compatimento. […]


…segue per 5 pagine nel numero 181 di Blow Up, in edicola nel mese di Giugno 2013 al costo di 6 euro.

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