Cantautorato prog italiano pt.1
Cantautorato prog italiano pt.1
di Piergiorgio Pardo
[nella foto: Alan Sorrenti]
Una cosa va subito detta: accostare i due termini, cantautorato e progressive, potrebbe sembrare di primo acchito un ossimoro. E le ragioni sono molteplici. Innanzitutto c'è la riluttanza da parte degli stessi musicisti che citeremo ad essere definiti progressive, nella misura in cui si restringe la definizione di prog-rock al barocchismo e al sinfonismo che ne caratterizzano alcuni degli stilemi sonori, limitando così il genere ad uno soltanto dei suoi possibili profili.
Poi c'è una ragione, per così dire, di grammatica espressiva: il concetto di cantautore, nelle sue prime declinazioni, applicabili tanto a Guccini, quanto a De André, tanto a De Gregori, quanto, ad esempio, a Venditti, nasce con il tratto caratterizzante di autore dedito a una veicolazione elettiva di contenuti testuali, per dirla con termine di allora, “impegnati” e posti in primo piano rispetto alla parte squisitamente musicale di un brano. Questa scelta si poneva in programmatica contrapposizione all'inveterato disimpegno del repertorio tradizionale italiano, infarcito di papaveri, papere, colombe bianche in volo e tulipani. Emblematico quello che dice di sé Fabrizio De André in una intervista ad Adriano Botta sull'Europeo del 13 marzo 1969: “Lessi Croce, l'Estetica, dove dice che tutti gli italiani fino a diciotto anni possono diventare poeti, dopo i diciotto chi continua a scrivere poesie o è un poeta vero o è un cretino. Io, poeta vero non lo ero. Cretino nemmeno. Ho scelto la via di mezzo: cantante.”. O ancora, qualcuno dei lettori ricorderà un'intervista televisiva di Francesco Guccini a Renzo Arbore, in cui il cantautore modenese affetta naiveté musicale, definendo i cantautori a un dipresso come dei poeti mancati che esprimono testi importanti su un solo accordo “due se va bene”. Peccato però che lo stesso De André abbia a lungo ritenuto “La Buona Novella” il suo album più riuscito, ovvero un disco in cui gli arrangiamenti hanno un'importanza primaria e sono stati tutti suonati dall'allora gruppo beat de “I Quelli”, ovvero la futura band di alfieri del progressive italiano, in patria e all'estero, Premiata Forneria Marconi; e peccato ancora che sia stato proprio De André a tenere a battesimo il primo concept album di una band italiana, quel “Senza Orario, Senza Bandiera” dei New Trolls, che segnava il passaggio della band ligure dai propri trascorsi beat ad una scena progressiva, che in realtà all'epoca della pubblicazione del disco era ancora da venire. […]
…segue per 10 pagine nel numero 225 di Blow Up, in edicola a Febbraio 2017 al costo di 6 euro
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#225) al costo di 10 euro - spese postali incluse - e vi verrà spedito immediatamente via posta prioritaria. Se lo richiedete dopo il mese di riferimento dell’uscita vi verrà spedito, come ogni altro arretrato, con il primo invio mensile di abbonamenti e arretrati.
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
[nella foto: Alan Sorrenti]
Una cosa va subito detta: accostare i due termini, cantautorato e progressive, potrebbe sembrare di primo acchito un ossimoro. E le ragioni sono molteplici. Innanzitutto c'è la riluttanza da parte degli stessi musicisti che citeremo ad essere definiti progressive, nella misura in cui si restringe la definizione di prog-rock al barocchismo e al sinfonismo che ne caratterizzano alcuni degli stilemi sonori, limitando così il genere ad uno soltanto dei suoi possibili profili.
Poi c'è una ragione, per così dire, di grammatica espressiva: il concetto di cantautore, nelle sue prime declinazioni, applicabili tanto a Guccini, quanto a De André, tanto a De Gregori, quanto, ad esempio, a Venditti, nasce con il tratto caratterizzante di autore dedito a una veicolazione elettiva di contenuti testuali, per dirla con termine di allora, “impegnati” e posti in primo piano rispetto alla parte squisitamente musicale di un brano. Questa scelta si poneva in programmatica contrapposizione all'inveterato disimpegno del repertorio tradizionale italiano, infarcito di papaveri, papere, colombe bianche in volo e tulipani. Emblematico quello che dice di sé Fabrizio De André in una intervista ad Adriano Botta sull'Europeo del 13 marzo 1969: “Lessi Croce, l'Estetica, dove dice che tutti gli italiani fino a diciotto anni possono diventare poeti, dopo i diciotto chi continua a scrivere poesie o è un poeta vero o è un cretino. Io, poeta vero non lo ero. Cretino nemmeno. Ho scelto la via di mezzo: cantante.”. O ancora, qualcuno dei lettori ricorderà un'intervista televisiva di Francesco Guccini a Renzo Arbore, in cui il cantautore modenese affetta naiveté musicale, definendo i cantautori a un dipresso come dei poeti mancati che esprimono testi importanti su un solo accordo “due se va bene”. Peccato però che lo stesso De André abbia a lungo ritenuto “La Buona Novella” il suo album più riuscito, ovvero un disco in cui gli arrangiamenti hanno un'importanza primaria e sono stati tutti suonati dall'allora gruppo beat de “I Quelli”, ovvero la futura band di alfieri del progressive italiano, in patria e all'estero, Premiata Forneria Marconi; e peccato ancora che sia stato proprio De André a tenere a battesimo il primo concept album di una band italiana, quel “Senza Orario, Senza Bandiera” dei New Trolls, che segnava il passaggio della band ligure dai propri trascorsi beat ad una scena progressiva, che in realtà all'epoca della pubblicazione del disco era ancora da venire. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000