Cannes 2024
Cannes 2024
di Roberto Manassero ed Emanuele Sacchi

Benché ovvio da individuare come fil rouge di Cannes 77, è inevitabile soffermarsi sull’autoreferenzialità diffusa, soprattutto in Concorso. Per gli autori rimirarsi allo specchio si è tramutato da vezzo in passaggio inevitabile: a volte coincidendo con audacia stilistica, a volte semplicemente con un avvitamento su di sé (in primis Lanthimos, di cui si parla in queste pagine). Alla prima categoria appartiene sicuramente Caught by the Tides di Jia Zhang-ke, che riprende materiale di film precedenti, inediti o usciti in sala, e lo monta con immagini girate ad hoc, per raccontare la stessa storia d’amore di sempre – lui se ne va, lei lo cerca, lui torna, lei lo ripudia - in una versione ulteriormente disossata della stessa. […] [Emanuele Sacchi]

di Roberto Manassero
A Leos Carax, che nel suo C’est pas moi dice che nell’era digitale delle immagini ovunque e persistenti abbiamo sempre più bisogno di chiudere gli occhi per vedere («È la bellezza del mondo che ce lo chiede» è la splendida chiosa del film), a Cannes 77 ha risposto idealmente un altro regista francese, Arnaud Desplechin, con il suo appassionato Spectateurs!, in cui la questione di fondo è la domanda su cosa succeda alla realtà quando viene proiettata su uno schermo e trasformata in un’allucinazione, un desiderio, un sogno. Entrambi i cineasti, Carax nel segno di Godard, Desplechin in quello di Truffaut, con i loro lavori inclassificabili (video-saggi? autofiction? autodafé?) hanno portato la riflessione filosofica sull’immagine nel cuore del festival più importante (uno in Cannes Première, l’altro nelle Séances Spéciales), ricordando però con la loro lucidità e libertà di pensiero come Cannes abbia ormai abdicato al compito di svecchiare le forme del cinema. […] [Roberto Manassero]

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