Brainiac
Brainiac
di Alessio Budetta
Brainiac è un termine di derivazione fumettistica che nello slang nordamericano indica un tipo che in Italia definiremmo “cervellone” (era il nome di un antagonista di Superman). È una parola estratta a caso da un listino prezzi di fumetti, senza che i nostri sapessero nulla del personaggio in questione, ma non deve trarre in inganno. C’era molto istinto nell’attitudine di questa band, un suono fisico e ruvido più che calcolato e intelligibile. La massa cerebrale a cui far riferimento è piuttosto un inerme labirinto di escrescenze bulbose, un’intricata trama di organi ammucchiati come quelli raffigurati sul retro di copertina del primo disco “Smack Bunny Baby”. Encefali degradati a semplice residuo organico, di quelli teneri e spugnosi che si trovano tra le frattaglie di un fritto misto oppure immersi in grossi barattoli in formaldeide tra le teche di un laboratorio, cervelli che incuriosiscono più per la loro immagine che per la loro funzione, come ad esprimere un gusto grottesco e goliardico - o più americanamente cazzone - che traspare già dal primo pantagruelico nome della band, We’ll Eat Anything.
Ci mangeremo tutto
Primi anni ‘90. Tim Taylor e Juan Monasterio sono due amici di infanzia, appassionati di musica dai tempi della primary school. I due ormai ventenni frequentano l’ambiente studentesco della Wright State University di Dayton, cittadina industriale dell’Ohio, nota un tempo per i suoi inventori e le sue invenzioni (l’aeroplano, il paracadute, il cuore artificiale; nei primi del ‘900 si registrava il più alto numero di brevetti pro capite) e più di recente per l’alto tasso di criminalità e per gli affitti studenteschi a basso prezzo. Decidono di formare una band hard-rock chiamata Pink Lady, ispirati da band quali Zodiac Mind Warp e Guns’n’Roses. Nel frattempo si uniscono ad un’altra formazione locale, i Wizbangs, dove Taylor diventa seconda voce e chitarra (qui il frontman è tale Denny Wilson) e Monasterio suona il basso. Nella primavera del ‘91 i Wizbangs registrano un demo di 6 canzoni che oscillano tra rock classico e funkeggiante, tra cui una Redman che pare uscita pari pari da un disco dei Cream. […]
…segue per 12 pagine nel numero 218-219 di Blow Up, in edicola a Luglio e Agosto 2016 al costo di 8 euro: speciale estivo di 180 pagine!
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
Brainiac è un termine di derivazione fumettistica che nello slang nordamericano indica un tipo che in Italia definiremmo “cervellone” (era il nome di un antagonista di Superman). È una parola estratta a caso da un listino prezzi di fumetti, senza che i nostri sapessero nulla del personaggio in questione, ma non deve trarre in inganno. C’era molto istinto nell’attitudine di questa band, un suono fisico e ruvido più che calcolato e intelligibile. La massa cerebrale a cui far riferimento è piuttosto un inerme labirinto di escrescenze bulbose, un’intricata trama di organi ammucchiati come quelli raffigurati sul retro di copertina del primo disco “Smack Bunny Baby”. Encefali degradati a semplice residuo organico, di quelli teneri e spugnosi che si trovano tra le frattaglie di un fritto misto oppure immersi in grossi barattoli in formaldeide tra le teche di un laboratorio, cervelli che incuriosiscono più per la loro immagine che per la loro funzione, come ad esprimere un gusto grottesco e goliardico - o più americanamente cazzone - che traspare già dal primo pantagruelico nome della band, We’ll Eat Anything.
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000