Bonnie 'Prince' Billy
Bonnie 'Prince' Billy
di Marco Sideri, Giancarlo Turra e Beppe Recchia
Il nuovo Willennio
Tradizioni, logorrea e iper-produzione del BPB 2.0
di Marco Sideri
Parlando in continuazione, anche il più fine dei pensatori finisce per dire stupidaggini. È una legge inevitabile; non esistono eccezioni: la regola è confermata da sé stessa. Se parli troppo, la qualità vacilla. Troppo, d’altro canto, è la sola chiara chiave di lettura della comunicazione/produzione artistica contemporanea. Non ci sono filtri; non c’è bisogno di qualcuno che permetta la pubblicazione di un disco (o una canzone, o un post, o una fotografia). Il disco (o la canzone, o l’idea) avviene e basta. Spesso, avviene in diretta e ha una potenziale platea di miliardi di persone (le platee effettive sono un altro paio di maniche). Will Oldham è, insospettabile con il suo baffo da cantautore navigato, un esempio perfetto dell’incontro dei due fattori che abbiamo appena ricordato: la produzione alluvionale e il suo rapporto, spesso inversamente proporzionale, con la qualità dell’opera. […]
Le maschere di un poeta
Storie di cantautori, acrobati ed enigmi
di Giancarlo Turra
“LACROIX: E Collot sbraitava come un ossesso che bisognava strappare le maschere. DANTON: Sì, così se ne vanno via anche le facce.” [La morte di Danton, Georg Büchner]
“Lo scrittore ha a sua disposizione tre fonti: immaginazione, osservazione ed esperienza.” [William Faulkner]
Per ragionare sulle parole e la loro importanza risulta utile partire dall’etimologia. È noto, ma forse non abbastanza sottolineato, che “persona” proviene da un vocabolo latino di probabile origine etrusca che significava “maschera teatrale”. Annotazione calzante per un songwriter che non per caso ha mossi i primi passi recitando (chissà dove sarebbe potuto arrivare, con fattezze che Walker Evans avrebbe adorato e che annullano la distanza tra la conquista della frontiera e la Grande Depressione…) e quindi è un trasformista sottile che conosce il gusto e la forza delle sfumature, dei sottintesi e del non detto. Prova ne sia che, nonostante gli anni, Will Oldham / Bonnie “Prince” Billy / già Palace continua a sfuggire a definizioni troppo anguste, pur conservando il ruolo fondamentale nell’ambito della canzone d’autore ottenuto grazie a “Viva Last Blues”, “Arise, Therefore” e “I See A Darkness”. Da perfetto acrobata, non ha mai smesso di camminare sul filo che costituisce la spina dorsale del suo tragitto, sulla corda tesa tra estremi (giusto per citare i fondamentali: tradizione e modernità, senso del tragico e dell’umorismo, carne e spirito) che riesce a cucire insieme senza che si notino cesure e senza perdere di vista le mezzetinte. Verrebbe da dire che, per quanto innegabilmente e assolutamente sua, Oldham ha sempre fatto la stessa cosa fin da che si proteggeva con altri compagni di cordata – su tutti l’amico Bill Callahan, al secolo Smog – dietro la sigla di una band e, non soltanto nel contesto di quella generazione, si è distinto per aver saldato i conti con le radici della musica americana, rinnovandola da autentico maestro che conosce la storia, si guarda dentro e attorno e, tramite la sua visione, dona nuovi significati e forme a un canone mentre ne sposta avanti il confine. Almeno così parrebbe. […]
I See A Light
Will Oldham/Bonnie ‘Prince’ Billy allo specchio: l’intervista
di Beppe Recchia
È diventata una bella abitudine quella di incontrare Will Oldham ogni due, tre anni, in coincidenza con le sue uscite più importanti. Era successo per “I Made A Place”, l’album del 2019 che ce lo aveva restituito con una manciata di originali dopo anni passati a interpretare altri e reinterpretarsi. È successo a fine 2021 per “Blind Date Party”, l’amorevole e riuscito dialogo con Bill Callahan per cover da distanziamento pandemico, e un’intervista doppia finita a discutere dei vini migliori per accompagnare la serata (si erano fatte nel frattempo le due del mattino). Succede di nuovo per “The Purple Bird”, disco dalle forti tinte country e collaborativo come quello con Callahan, ma anomalo rispetto alla dimensione più intimista e familiare abbracciata tanto da “I Made A Place” quanto dal più recente “Keeping Secrets Will Destroy You”. E ogni volta, in barba a tutte le leggende che lo disegnano poco disponibile alle chiacchiere, o quantomeno dall’umore incostante, Will è sorprendentemente loquace, pronto a rimandare l’appuntamento con l’elettricista, inseguito per una settimana, pur di non abbandonare la videochiamata, o capace di aprirsi in un sorriso pieno al solo pronunciare il nome di Johnny Cash o di Steve Albini.
Se non faccio male i conti, “The Purple Bird” è il tuo ventunesimo disco come Bonnie ‘Prince’ Billy; eppure, le note di accompagnamento sottolineano come si tratti solo della seconda volta in cui ti affidi a un produttore. E che produttore, peraltro. David ‘Ferg’ Ferguson è tra i nomi più importanti della scena di Nashville, ha lavorato con Johnny Cash, John Prine, ma anche Sturgill Simpson e Kurt Vile…
Ci conosciamo da anni. Le nostre strade si sono incrociate tante volte e in modi sempre diversi, da quando andai ad assistere alle registrazioni del disco di Johnny Cash che includeva la cover di I See A Darkness [“American III: Solitary Man” del 2000, n.d.i.] e Ferg era al mixer, sino a quando tre anni fa mi ha chiesto di girare il video per una canzone del suo disco “Nashville No More”. Insomma, siamo buoni amici. E potrei dire che “The Purple Bird” è tanto mio quanto è suo, visto che ne è molto più che il produttore. Persino il titolo e la copertina sono un’idea sua. […]
…segue per 14 pagine nel numero 321 di Blow Up, febbraio 2025
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#321) al costo di 12 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come ‘piego di libri’ (chi desidera una spedizione rapida ci contatti via email).
• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: non perderete neanche uno dei numeri pubblicati perché in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale vi faremo una seconda spedizione e riceverete a casa i quattro libri della collana trimestrale Director’s Cut il mese stesso della loro uscita per un risparmio complessivo di 60 euro!
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.

Tradizioni, logorrea e iper-produzione del BPB 2.0
di Marco Sideri
Parlando in continuazione, anche il più fine dei pensatori finisce per dire stupidaggini. È una legge inevitabile; non esistono eccezioni: la regola è confermata da sé stessa. Se parli troppo, la qualità vacilla. Troppo, d’altro canto, è la sola chiara chiave di lettura della comunicazione/produzione artistica contemporanea. Non ci sono filtri; non c’è bisogno di qualcuno che permetta la pubblicazione di un disco (o una canzone, o un post, o una fotografia). Il disco (o la canzone, o l’idea) avviene e basta. Spesso, avviene in diretta e ha una potenziale platea di miliardi di persone (le platee effettive sono un altro paio di maniche). Will Oldham è, insospettabile con il suo baffo da cantautore navigato, un esempio perfetto dell’incontro dei due fattori che abbiamo appena ricordato: la produzione alluvionale e il suo rapporto, spesso inversamente proporzionale, con la qualità dell’opera. […]
Le maschere di un poeta
Storie di cantautori, acrobati ed enigmi
di Giancarlo Turra
“LACROIX: E Collot sbraitava come un ossesso che bisognava strappare le maschere. DANTON: Sì, così se ne vanno via anche le facce.” [La morte di Danton, Georg Büchner]
“Lo scrittore ha a sua disposizione tre fonti: immaginazione, osservazione ed esperienza.” [William Faulkner]
Per ragionare sulle parole e la loro importanza risulta utile partire dall’etimologia. È noto, ma forse non abbastanza sottolineato, che “persona” proviene da un vocabolo latino di probabile origine etrusca che significava “maschera teatrale”. Annotazione calzante per un songwriter che non per caso ha mossi i primi passi recitando (chissà dove sarebbe potuto arrivare, con fattezze che Walker Evans avrebbe adorato e che annullano la distanza tra la conquista della frontiera e la Grande Depressione…) e quindi è un trasformista sottile che conosce il gusto e la forza delle sfumature, dei sottintesi e del non detto. Prova ne sia che, nonostante gli anni, Will Oldham / Bonnie “Prince” Billy / già Palace continua a sfuggire a definizioni troppo anguste, pur conservando il ruolo fondamentale nell’ambito della canzone d’autore ottenuto grazie a “Viva Last Blues”, “Arise, Therefore” e “I See A Darkness”. Da perfetto acrobata, non ha mai smesso di camminare sul filo che costituisce la spina dorsale del suo tragitto, sulla corda tesa tra estremi (giusto per citare i fondamentali: tradizione e modernità, senso del tragico e dell’umorismo, carne e spirito) che riesce a cucire insieme senza che si notino cesure e senza perdere di vista le mezzetinte. Verrebbe da dire che, per quanto innegabilmente e assolutamente sua, Oldham ha sempre fatto la stessa cosa fin da che si proteggeva con altri compagni di cordata – su tutti l’amico Bill Callahan, al secolo Smog – dietro la sigla di una band e, non soltanto nel contesto di quella generazione, si è distinto per aver saldato i conti con le radici della musica americana, rinnovandola da autentico maestro che conosce la storia, si guarda dentro e attorno e, tramite la sua visione, dona nuovi significati e forme a un canone mentre ne sposta avanti il confine. Almeno così parrebbe. […]
I See A Light
Will Oldham/Bonnie ‘Prince’ Billy allo specchio: l’intervista
di Beppe Recchia
È diventata una bella abitudine quella di incontrare Will Oldham ogni due, tre anni, in coincidenza con le sue uscite più importanti. Era successo per “I Made A Place”, l’album del 2019 che ce lo aveva restituito con una manciata di originali dopo anni passati a interpretare altri e reinterpretarsi. È successo a fine 2021 per “Blind Date Party”, l’amorevole e riuscito dialogo con Bill Callahan per cover da distanziamento pandemico, e un’intervista doppia finita a discutere dei vini migliori per accompagnare la serata (si erano fatte nel frattempo le due del mattino). Succede di nuovo per “The Purple Bird”, disco dalle forti tinte country e collaborativo come quello con Callahan, ma anomalo rispetto alla dimensione più intimista e familiare abbracciata tanto da “I Made A Place” quanto dal più recente “Keeping Secrets Will Destroy You”. E ogni volta, in barba a tutte le leggende che lo disegnano poco disponibile alle chiacchiere, o quantomeno dall’umore incostante, Will è sorprendentemente loquace, pronto a rimandare l’appuntamento con l’elettricista, inseguito per una settimana, pur di non abbandonare la videochiamata, o capace di aprirsi in un sorriso pieno al solo pronunciare il nome di Johnny Cash o di Steve Albini.
Se non faccio male i conti, “The Purple Bird” è il tuo ventunesimo disco come Bonnie ‘Prince’ Billy; eppure, le note di accompagnamento sottolineano come si tratti solo della seconda volta in cui ti affidi a un produttore. E che produttore, peraltro. David ‘Ferg’ Ferguson è tra i nomi più importanti della scena di Nashville, ha lavorato con Johnny Cash, John Prine, ma anche Sturgill Simpson e Kurt Vile…
Ci conosciamo da anni. Le nostre strade si sono incrociate tante volte e in modi sempre diversi, da quando andai ad assistere alle registrazioni del disco di Johnny Cash che includeva la cover di I See A Darkness [“American III: Solitary Man” del 2000, n.d.i.] e Ferg era al mixer, sino a quando tre anni fa mi ha chiesto di girare il video per una canzone del suo disco “Nashville No More”. Insomma, siamo buoni amici. E potrei dire che “The Purple Bird” è tanto mio quanto è suo, visto che ne è molto più che il produttore. Persino il titolo e la copertina sono un’idea sua. […]
…segue per 14 pagine nel numero 321 di Blow Up, febbraio 2025
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#321) al costo di 12 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come ‘piego di libri’ (chi desidera una spedizione rapida ci contatti via email).
• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: non perderete neanche uno dei numeri pubblicati perché in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale vi faremo una seconda spedizione e riceverete a casa i quattro libri della collana trimestrale Director’s Cut il mese stesso della loro uscita per un risparmio complessivo di 60 euro!
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000