Boileau-Narcejac
Boileau-Narcejac
di Matteo Moca

La letteratura di “genere” non se l’è mai passata troppo bene, soprattutto a confronto con la Letteratura con la “L” maiuscola perché da quel paragone venivano fuori due elementi diseguali con il valore e la qualità tutto a favore di quest’ultima e l’altra, invece, ridotta a oggetto di consumo, veicolo per momenti di svago o attimi di intrattenimento. Questa definizione però sta stretta ad alcuni libri e ad alcune importanti esperienze letterarie di “genere” e oggi pare spesso fuorviante piazzare paletti troppo profondi quando si fanno analisi qualitative sulla letteratura. Inoltre, se si risale alle origini del romanzo di consumo, si scopre facilmente come questo nacque, sin dal Settecento, assieme all’industria e a una nuova concezione della lettura, alla possibilità che leggere potesse essere un piacere e, perché no, uno svago, un appagamento, quindi, estremamente popolare. Ma cosa significa, dall’età moderna in poi, essere uno scrittore di romanzi di consumo l’ha scritto con precisione il critico Carlo Bordoni: “Se l’autore in generale è una figura in declino, lo scrittore di romanzi di consumo è costretto a muoversi nell’ambito sospeso tra il martello della serialità e l’incudine del personaggio soverchiante, spesso più famoso del suo stesso creatore. La conseguenza più immediata e comprensibile di tutto ciò è che nessuno vuole essere definito autore di romanzi di consumo. Ogni scrittore che raggiunga un minimo di notorietà e sicurezza del proprio ruolo, pretende di essere riconosciuto come espressione di una auctoritas letteraria che gli permetta di andare in televisione e di sentirsi immagine di riferimento per la cultura del suo tempo”. […]

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