Bernardo Bertolucci
Bernardo Bertolucci
Roberto Curti

Gli odori e i sapori del cinema di BERNARDO BERTOLUCCI, in occasione dell’uscita del suo ultimo film, Io e te, dal romanzo di Niccolò Ammaniti

IN UNA SCENA di Io e te, Olivia (Tea Falco) e Lorenzo (Jacopo Olmo Antinori), in preda ai morsi della fame, fanno irruzione di notte nella casa materna, nel cui scantinato si nascondono (lui, quindicenne ombroso, anziché partire per la settimana bianca con la classe si è nascosto in cantina con provviste e libri horror, lei, sorellastra maggiore, ne ha scoperto il rifugio e si è unita a lui) per trafugare cibarie dal frigo. Mi piace pensare che per Bernardo Bertolucci quella scena rappresenti una metafora della fame di cinema che gli attanagliava le viscere e la mente, a ormai un decennio da The Dreamers e dopo tante, troppe vicissitudini che ne hanno segnato il fisico: una fame placata aprendo il frigo e saccheggiando quel che trovava, in questo caso il piccolo romanzo di Ammaniti.
Questa, lo si sarà capito, non è una recensione, né lo vuole essere. È un omaggio, l’omaggio che si tributa ai maestri, e non solo. Bertolucci è parmigiano, come lo sono io. Parmigiano, non parmense, sia chiaro. Parmigiano del sasso, come si dice nell’Oltretorrente. Dirò di più: Bertolucci è Parma, i luoghi catturati dall’occhio della sua cinepresa sono i miei – da piazza Garibaldi percorsa in bici da Fabrizio (Francesco Barilli, altro concittadino), in Prima della rivoluzione, al Supercinema Orfeo dietro via Mazzini oggi tristemente trasformato dove Gianni Amico proclamava «Non si può vivere senza Rossellini!», al parco Ducale dove Morando Morandini impartiva lezioni di vita al giovane protagonista –, miei i ricordi evocati dal grandioso affresco contadino di Novecento, con quella corte di mezzadri così simile ai racconti di mio padre sulla sua infanzia che pare uscita dalla medesima memoria. Miei i colori, gli odori, i sapori. Mia la “erre” uvulare, tipica dell’ex ducato, traccia di un passato di cui meniamo vanto riesumando i Borboni, Maria Luigia e Stendhal. Anche se poi nell’ultimo decennio ci sono rimasti sul groppone i Tanzi e i Vignali, la metropolitana abortita e l’inceneritore. Ecco perché non posso – non voglio – essere obiettivo. E se non vi sta bene, andiv a caghèr, come si dice dalle nostre parti.
Odori e sapori, dicevo. E agli odori e ai sapori mi voglio affidare per un viaggio nella memoria, nella mia memoria, del cinema di Bernardo – mi viene di chiamarlo per nome, anche se non l’ho mai incontrato di persona. Ma è come se ci conoscessimo da sempre. […]


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