AMBIANCES MAGNÉTIQUES
AMBIANCES MAGNÉTIQUES
di Roberto Municchi
All’entrata nel nostro quinto anno di vita ci accorgiamo, con disappunto, di non aver mai parlato di Ambiances Magnétiques, covo di cervelli in fermento di stanza a Montreal, nel Quebec, zona francofona del Canada. Vogliamo riparare al torto facendo una rapida escursione tra i dischi più avvincenti prodotti negli ultimi mesi da quelle parti, con la promessa, magari, di ritornarci sopra con interviste o articoli più dettagliati sui nomi più interessanti. Nomi e gruppi che hanno intrecciato, e intrecciano, di continuo le loro storie - in progetti spesso atipici dove si incontrano musica colta e rock, jazz e avanguardia - dando vita a gruppi quali Justine, Bruire, Les Granules, Evidence, Klaxon Gueve..., a combinazioni in duo o in trio nonchè alle più svariate collaborazioni. Una sfida alle convenzioni lanciata più di due decenni orsono dai Conventum (guidati da André Duchesne e René Lussier, e nei quali è transitato nell’ultimo periodo anche Jean Derome, tutti artisti che ritroveremo nel nostro cammino), articolato combo di progressive eretico i cui fermenti sono sfociati, appunto, nella creazione di Ambiances Magnétiques. Più che un’etichetta, un punto di riferimento per menti musicali estreme.
Il personaggio più conosciuto al di fuori dei confini canadesi, grazie soprattutto alle sue collaborazioni con i vari Cutler, Frith, Cassiber, Reichel, Mori, è sicuramente René Lussier. Chitarrista (e bassista) estroso, originale e innovativo ha girovagato in largo e in lungo per il pentagramma sia con varie bande (oltre a Conventum, Les 4 Guitaristes De L’Apocalypso Bar, Les Granules, State Of War...) che con dischi solisti o in coppia con altre personalità eccelse (indimenticabile almeno il Nous Autres con Fred Frith). Qui lo troviamo nei panni di compositore di colonne sonore affiancato, nell’esecuzione, da alcuni fedeli del giro: Robert Lepage al clarinetto, Jean Derome al flauto, Tom Walsh al trombone, Céline Arcand al violino, Jean René alla viola, Vincent Bernard al violoncello, Pierre Tanguay alla batteria e alle percussioni. Chronique D’un Génocide Annoncé è il titolo dello sconcertante documentario girato da Danièle Lacourse e Yvan Patry sulla tragedia che ha attraversato il Rwanda con il feroce conflitto interno tra le etnie degli hutu e dei tutsi. Nonostante i limiti imposti dalle immagini, l’album mette in evidenza la grande capacità da parte di Lussier di far convivere musica “alta” e musica popolare. La scelta degli strumenti infonde fascino e mistero, la scrittura è sovente intrisa di drammaticità, il risultato finale - pur nell’eccessiva eterogeneità - interessante. Conquistano soprattutto gli arcani suoni quartomondisti in Chronique ècrite I, l’indovinata alternanza tra gli incantevoli fiati e le eccentriche percussioni in Les Dix Commandaments, l’atmosfera liturgioca che si respira in ... Des Choses Indicibles...
Tra i più accreditati candidati al “giradischi d’oro” dell’anno prossimo non dovrebbe mancare il nome di Martin Tétreault, uno dei manipolatori più estrosi (e sottovalutati) in circolazione. E in quanto a ironia - vi assicuriamo - non è secondo a nessuno. Un tipo che usa le sue armi in modo rivoluzionario oppure, se preferite, un rumorista che utilizza il giradischi in maniera quasi percussiva. In Dur Noyau Dur, primo dei tre dischi di questa minirassegna in cui è coinvolto da titolare, lo troviamo a duettare con le chitarre di René Lussier. Un album molto concettuale, che soltanto a tratti produce quelle scintille che sono nelle capacità dei due; una musica probabilmente più consona ad altre dimensioni, nelle quali il rapporto/contatto musicista-ascoltatore è più stretto. Registrato nel marzo del 1997, in tempo reale, senza alcuna sovraincisione, Dur Noyau Dur è composto da 21 titoli, tutti di una sola parola alla quale corrisponde un tema musicale. Quindi se Cyanure si può definire velenosa, Mercure risulterà variabile (di questi tempi tendente al freddo), Azur serena, Dictature dispotica, Sépolture funerea, e così via.
Le scintille il giradischi di Tétreault le fa in compagnia di due graziose signore, Ikue Mori alla batteria elettronica e Diane Labrosse al campionatore, nel CD-capolavoro Île Bizarre. Un insieme di suoni meravigliosi e diversi. Un mosaico sperimentale ed anticonformista dove trovano spazio disposizioni minimali, ambient post-apocalittico, rumori, atmosfere rarefatte e bizzarrie varie. Non manca la dovuta energia: Belli machina, traccia di apertura, evoca le sonorità plumbee e oppressive contigue a band metalindustriali. Percussioni violente e claustrofobiche che in Ad Ventury Capere Grandes Machinae lasciano il campo a sibili, fruscii, e schegge di metallo impazzite con echi di Death Ambient (d’altronde Ikue Mori è della partita). I brani seguenti vagano in bilico tra arie più rarefatte (Marinae Creaturae) e piogge percussive (Subterraneus Labyrinthus e Monopodii Et Cyclopes), talvolta anche in convivenza tra di loro (Magneticum Phaenomenon). Quantomai apprezzabili pure lo spirito ludico/stravagante di Diurna Et Nocturna Insecta, l’equilibrio tra rumore e silenzio di Fossiles Et Extra Tempum e Sacri Et Profani Ritus, le delizie orientali di Simplicia Animales, il crescendo siderurgico di Lactea Via. Conviene ribadirlo: disco imperdibile.
Una qualità che non si può negare agli inglesi è il proverbiale sense of humour. La classica eccezione che conferma la regola sembra essere il serioso recensore che dalle pagine di The Wire ha pesantemente stroncato Callas: La Diva Et Le Vinyle, omaggio all’arte della cantante lirica Maria Callas da parte della coppia formata da Robert Marcel Lepage (clarinetto) e Martin Tétreault (giradischi), rei probabilmente di poca deferenza nei confronti del mito. In realtà - come sottolinea il critico Phil Ehrensaft nelle note interne rammentando anche l’alta considerazione di cui godeva la cantante presso la gente del Quebec - Lepage e Tétreault omaggiano la Callas in modo molto sentito e sincero attraverso un melange musicale che è allo stesso tempo sia lirico che umoristico. Particolarmente divertente è la stretta connessione - così come nell’albo dello stesso Tétreault insieme a Lussier - tra il titolo e il tema musicale di ogni brano: A’ L’Opéra è un montaggio di voci di persone che si recano a teatro mentre il motivo intonato dal clarinetto dà una sensazione di movimento; in Les Caniches i gorgheggi si mischiano a simulazioni di guaiti canini; l’atmosfera exotica di Yma Callas liquida in un sol colpo due grandi; Le Systeme d’Alarme Callas imita il suono di una sirena manipolando quella voce... Un disco che vive del contrasto tra le folli scorribande tra i dischi della Diva da parte di Tétreault e i caldi fraseggi tipicamente jazz di Lepage.
“Traforiamo le orecchie” minacciano dal titolo Joane Hétu e Jean Derome, collaudata coppia sia nella musica che nella vita. Due sassofoni e due voci più percussioni assortite e svariati piccoli strumenti a fiato (richiami per animali che colleziona lo stesso Derome), questi i ferri del mestiere usati in Nous Perçons Les Oreilles. Cinquanta minuti di musica improvvisata, debitrice sia del jazz che della contemporanea, a tratti arricchita da inserti folk. Musica frantumata, dove il singolo suono ha la medesima importanza dell’insieme. Una raccolta di attimi, di momenti, che alterna dialoghi vocali, dialoghi strumentali, dialoghi vocali/strumentali. Julie Tippett, Maggie Nichols, Evan Parker i maggiori referenti per un disco buono ma un po’ scontato nell’impostazione.
In lotta (insieme a Île Bizarre del trio Labrosse-Tétreault-Mori) per la palma del migliore in campo vi è anche Midi Tapant, eccellente fatica del binomio Pierre Tanguay - Tom Walsh, batterista e percussionista il primo, diviso tra trombone e campionatore il secondo: un CD molto più ricco, dal punto di vista armonico, di quanto la formula percussioni+trombone+campionatore possa far immaginare. Pur essendo un batterista quantomai scarno, infatti, Tanguay riesce ad estrarre una infinita varietà di suoni dai suoi strumenti, e senza mai peccare di autoindulgenza; mentre Walsh opera un lavoro di montaggio di scampoli sonori (sopra quei ritmi) che concettualmente rimanda più agli archetipi del collagismo in campo rock (Wyatt, Henry Cow, Zappa...) che non agli attuali campionatoristi. Midi Tapant mette in mostra luoghi dove si rincorrono suggestioni etnoavantgarde - talvolta al confine con la possible music di hasselliana memoria - e mistero, tamburi africaneggianti e voci fuori campo, interferenze e pathos, serenità e frenesia. Un album davvero straordinario.
Per coloro che si fidano poco dei nostri consigli e vogliono saggiare di persona, infine, ecco pronto Inédits 3, esauriente selezione di materiali magnetici doc. Una passerella di (quasi) tutti i pezzi forti dell’etichetta apprezzabile sia per il valore prettamente musicale che per l’eccellente opera di assemblaggio dei brani. Ventiquattro acquarelli musicali, attaversati da una vena surreale e dadaista, che scorrono senza eccessivi sbalzi di temperatura quasi che il disco fosse opera di un unico autore. Parecchi i passaggi degni di attenzione: dai raffinati abbozzi per il film Retour Au Blanc che vedono schierato il trio Derome-Tétreault-Hétu ai settanta secondi etnoambientali di Trinette (di Michel Côté); dai profumi orientali de La Rumelar Trébuche di René Lussier (con i sospiri di Tenko...) alla fragorosa filastrocca Jours Heureux (Côté meet Labrosse); dall’atmosfera solenne di Les Barrages (André Duchesne) che ne rimarca i tratti bandistico-tradizionali a L’Appel, omaggio di Joane Hétu a Roscoe Mitchell. Due su tutti: Sauvage Feu, nella quale la fisarmonica di Diane Labrosse insegue profondi segnali tra rumore e silenzio, e Les Toasts Brulées dei Diesel di Duchesne, una contagiosa aria popolare che riporta, dopo tanti tuffi nel futuro, le lancette sul presente.
Abbiamo parlato di:
René Lussier “Chronique D’Un Genocide Annoncé” (AM 058) (****)
R. Lussier-M. Tétreault “Dur Noyau Dur” (AM 057) (***)
D. Labrosse-I. Mori-M. Tétreault “Île Bizarre” (AM 055) (*****)
R. M. Lepage- M. Tétreault “Callas: La Diva Et Le Vinyle” (AM 059) (****)
J. Hétu-J. Derome “Nous Perçons Les Oreilles” (AM 054) (***)
P. Tangauy-T. Walsh “Midi Tapant” (AM 053) (*****)
AA.VV. “Inedits 3” (AM 050) (****)
[nell'immagine in alto: Martin Tétreault)
[pubblicato su Blow Up #10 - Marzo 1999]
© Tuttle Edizioni 2008
All’entrata nel nostro quinto anno di vita ci accorgiamo, con disappunto, di non aver mai parlato di Ambiances Magnétiques, covo di cervelli in fermento di stanza a Montreal, nel Quebec, zona francofona del Canada. Vogliamo riparare al torto facendo una rapida escursione tra i dischi più avvincenti prodotti negli ultimi mesi da quelle parti, con la promessa, magari, di ritornarci sopra con interviste o articoli più dettagliati sui nomi più interessanti. Nomi e gruppi che hanno intrecciato, e intrecciano, di continuo le loro storie - in progetti spesso atipici dove si incontrano musica colta e rock, jazz e avanguardia - dando vita a gruppi quali Justine, Bruire, Les Granules, Evidence, Klaxon Gueve..., a combinazioni in duo o in trio nonchè alle più svariate collaborazioni. Una sfida alle convenzioni lanciata più di due decenni orsono dai Conventum (guidati da André Duchesne e René Lussier, e nei quali è transitato nell’ultimo periodo anche Jean Derome, tutti artisti che ritroveremo nel nostro cammino), articolato combo di progressive eretico i cui fermenti sono sfociati, appunto, nella creazione di Ambiances Magnétiques. Più che un’etichetta, un punto di riferimento per menti musicali estreme.
Il personaggio più conosciuto al di fuori dei confini canadesi, grazie soprattutto alle sue collaborazioni con i vari Cutler, Frith, Cassiber, Reichel, Mori, è sicuramente René Lussier. Chitarrista (e bassista) estroso, originale e innovativo ha girovagato in largo e in lungo per il pentagramma sia con varie bande (oltre a Conventum, Les 4 Guitaristes De L’Apocalypso Bar, Les Granules, State Of War...) che con dischi solisti o in coppia con altre personalità eccelse (indimenticabile almeno il Nous Autres con Fred Frith). Qui lo troviamo nei panni di compositore di colonne sonore affiancato, nell’esecuzione, da alcuni fedeli del giro: Robert Lepage al clarinetto, Jean Derome al flauto, Tom Walsh al trombone, Céline Arcand al violino, Jean René alla viola, Vincent Bernard al violoncello, Pierre Tanguay alla batteria e alle percussioni. Chronique D’un Génocide Annoncé è il titolo dello sconcertante documentario girato da Danièle Lacourse e Yvan Patry sulla tragedia che ha attraversato il Rwanda con il feroce conflitto interno tra le etnie degli hutu e dei tutsi. Nonostante i limiti imposti dalle immagini, l’album mette in evidenza la grande capacità da parte di Lussier di far convivere musica “alta” e musica popolare. La scelta degli strumenti infonde fascino e mistero, la scrittura è sovente intrisa di drammaticità, il risultato finale - pur nell’eccessiva eterogeneità - interessante. Conquistano soprattutto gli arcani suoni quartomondisti in Chronique ècrite I, l’indovinata alternanza tra gli incantevoli fiati e le eccentriche percussioni in Les Dix Commandaments, l’atmosfera liturgioca che si respira in ... Des Choses Indicibles...
Tra i più accreditati candidati al “giradischi d’oro” dell’anno prossimo non dovrebbe mancare il nome di Martin Tétreault, uno dei manipolatori più estrosi (e sottovalutati) in circolazione. E in quanto a ironia - vi assicuriamo - non è secondo a nessuno. Un tipo che usa le sue armi in modo rivoluzionario oppure, se preferite, un rumorista che utilizza il giradischi in maniera quasi percussiva. In Dur Noyau Dur, primo dei tre dischi di questa minirassegna in cui è coinvolto da titolare, lo troviamo a duettare con le chitarre di René Lussier. Un album molto concettuale, che soltanto a tratti produce quelle scintille che sono nelle capacità dei due; una musica probabilmente più consona ad altre dimensioni, nelle quali il rapporto/contatto musicista-ascoltatore è più stretto. Registrato nel marzo del 1997, in tempo reale, senza alcuna sovraincisione, Dur Noyau Dur è composto da 21 titoli, tutti di una sola parola alla quale corrisponde un tema musicale. Quindi se Cyanure si può definire velenosa, Mercure risulterà variabile (di questi tempi tendente al freddo), Azur serena, Dictature dispotica, Sépolture funerea, e così via.
Le scintille il giradischi di Tétreault le fa in compagnia di due graziose signore, Ikue Mori alla batteria elettronica e Diane Labrosse al campionatore, nel CD-capolavoro Île Bizarre. Un insieme di suoni meravigliosi e diversi. Un mosaico sperimentale ed anticonformista dove trovano spazio disposizioni minimali, ambient post-apocalittico, rumori, atmosfere rarefatte e bizzarrie varie. Non manca la dovuta energia: Belli machina, traccia di apertura, evoca le sonorità plumbee e oppressive contigue a band metalindustriali. Percussioni violente e claustrofobiche che in Ad Ventury Capere Grandes Machinae lasciano il campo a sibili, fruscii, e schegge di metallo impazzite con echi di Death Ambient (d’altronde Ikue Mori è della partita). I brani seguenti vagano in bilico tra arie più rarefatte (Marinae Creaturae) e piogge percussive (Subterraneus Labyrinthus e Monopodii Et Cyclopes), talvolta anche in convivenza tra di loro (Magneticum Phaenomenon). Quantomai apprezzabili pure lo spirito ludico/stravagante di Diurna Et Nocturna Insecta, l’equilibrio tra rumore e silenzio di Fossiles Et Extra Tempum e Sacri Et Profani Ritus, le delizie orientali di Simplicia Animales, il crescendo siderurgico di Lactea Via. Conviene ribadirlo: disco imperdibile.
Una qualità che non si può negare agli inglesi è il proverbiale sense of humour. La classica eccezione che conferma la regola sembra essere il serioso recensore che dalle pagine di The Wire ha pesantemente stroncato Callas: La Diva Et Le Vinyle, omaggio all’arte della cantante lirica Maria Callas da parte della coppia formata da Robert Marcel Lepage (clarinetto) e Martin Tétreault (giradischi), rei probabilmente di poca deferenza nei confronti del mito. In realtà - come sottolinea il critico Phil Ehrensaft nelle note interne rammentando anche l’alta considerazione di cui godeva la cantante presso la gente del Quebec - Lepage e Tétreault omaggiano la Callas in modo molto sentito e sincero attraverso un melange musicale che è allo stesso tempo sia lirico che umoristico. Particolarmente divertente è la stretta connessione - così come nell’albo dello stesso Tétreault insieme a Lussier - tra il titolo e il tema musicale di ogni brano: A’ L’Opéra è un montaggio di voci di persone che si recano a teatro mentre il motivo intonato dal clarinetto dà una sensazione di movimento; in Les Caniches i gorgheggi si mischiano a simulazioni di guaiti canini; l’atmosfera exotica di Yma Callas liquida in un sol colpo due grandi; Le Systeme d’Alarme Callas imita il suono di una sirena manipolando quella voce... Un disco che vive del contrasto tra le folli scorribande tra i dischi della Diva da parte di Tétreault e i caldi fraseggi tipicamente jazz di Lepage.
“Traforiamo le orecchie” minacciano dal titolo Joane Hétu e Jean Derome, collaudata coppia sia nella musica che nella vita. Due sassofoni e due voci più percussioni assortite e svariati piccoli strumenti a fiato (richiami per animali che colleziona lo stesso Derome), questi i ferri del mestiere usati in Nous Perçons Les Oreilles. Cinquanta minuti di musica improvvisata, debitrice sia del jazz che della contemporanea, a tratti arricchita da inserti folk. Musica frantumata, dove il singolo suono ha la medesima importanza dell’insieme. Una raccolta di attimi, di momenti, che alterna dialoghi vocali, dialoghi strumentali, dialoghi vocali/strumentali. Julie Tippett, Maggie Nichols, Evan Parker i maggiori referenti per un disco buono ma un po’ scontato nell’impostazione.
In lotta (insieme a Île Bizarre del trio Labrosse-Tétreault-Mori) per la palma del migliore in campo vi è anche Midi Tapant, eccellente fatica del binomio Pierre Tanguay - Tom Walsh, batterista e percussionista il primo, diviso tra trombone e campionatore il secondo: un CD molto più ricco, dal punto di vista armonico, di quanto la formula percussioni+trombone+campionatore possa far immaginare. Pur essendo un batterista quantomai scarno, infatti, Tanguay riesce ad estrarre una infinita varietà di suoni dai suoi strumenti, e senza mai peccare di autoindulgenza; mentre Walsh opera un lavoro di montaggio di scampoli sonori (sopra quei ritmi) che concettualmente rimanda più agli archetipi del collagismo in campo rock (Wyatt, Henry Cow, Zappa...) che non agli attuali campionatoristi. Midi Tapant mette in mostra luoghi dove si rincorrono suggestioni etnoavantgarde - talvolta al confine con la possible music di hasselliana memoria - e mistero, tamburi africaneggianti e voci fuori campo, interferenze e pathos, serenità e frenesia. Un album davvero straordinario.
Per coloro che si fidano poco dei nostri consigli e vogliono saggiare di persona, infine, ecco pronto Inédits 3, esauriente selezione di materiali magnetici doc. Una passerella di (quasi) tutti i pezzi forti dell’etichetta apprezzabile sia per il valore prettamente musicale che per l’eccellente opera di assemblaggio dei brani. Ventiquattro acquarelli musicali, attaversati da una vena surreale e dadaista, che scorrono senza eccessivi sbalzi di temperatura quasi che il disco fosse opera di un unico autore. Parecchi i passaggi degni di attenzione: dai raffinati abbozzi per il film Retour Au Blanc che vedono schierato il trio Derome-Tétreault-Hétu ai settanta secondi etnoambientali di Trinette (di Michel Côté); dai profumi orientali de La Rumelar Trébuche di René Lussier (con i sospiri di Tenko...) alla fragorosa filastrocca Jours Heureux (Côté meet Labrosse); dall’atmosfera solenne di Les Barrages (André Duchesne) che ne rimarca i tratti bandistico-tradizionali a L’Appel, omaggio di Joane Hétu a Roscoe Mitchell. Due su tutti: Sauvage Feu, nella quale la fisarmonica di Diane Labrosse insegue profondi segnali tra rumore e silenzio, e Les Toasts Brulées dei Diesel di Duchesne, una contagiosa aria popolare che riporta, dopo tanti tuffi nel futuro, le lancette sul presente.
Abbiamo parlato di:
René Lussier “Chronique D’Un Genocide Annoncé” (AM 058) (****)
R. Lussier-M. Tétreault “Dur Noyau Dur” (AM 057) (***)
D. Labrosse-I. Mori-M. Tétreault “Île Bizarre” (AM 055) (*****)
R. M. Lepage- M. Tétreault “Callas: La Diva Et Le Vinyle” (AM 059) (****)
J. Hétu-J. Derome “Nous Perçons Les Oreilles” (AM 054) (***)
P. Tangauy-T. Walsh “Midi Tapant” (AM 053) (*****)
AA.VV. “Inedits 3” (AM 050) (****)
[nell'immagine in alto: Martin Tétreault)
[pubblicato su Blow Up #10 - Marzo 1999]
© Tuttle Edizioni 2008
TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000