di Fabio Zucchella

«Quanto ci vorrà perché torniamo alla normalità?».
«Cosa intendi per normalità?».
(Alasdair Grey, Lanark)

CON LA CONSUETA (auto)ironia, nel corso di un’intervista Gray si è definito un «narcisista dell’immaginazione». Per un eclettico come lui – pittore, muralista, scenografo, commediografo e sceneggiatore, ancor prima che romanziere saggista insegnante di scrittura creativa – si potrebbe magari pensare, invece, a una forma di ipertrofia dell’immaginazione.
Da pochi mesi Safarà Editore ha finalmente (e coraggiosamente) ripubblicato Lanark in volume unico, illustrato dalla copertina e dalle tavole originali dell’autore. È un romanzo di quasi 650 pagine a prima vista sconcertante: pubblicato in origine nel 1981 (ma la stesura intermittente è iniziata ben più di vent’anni prima), racconta la storia di “una vita in quattro libri” ordinati secondo una sequenza non cronologica – un “Libro Terzo”, un “Prologo” (quindi posticipato), un “Libro Primo”, un “Interludio”, poi un “Libro Secondo” e un “Libro Quarto”, più un “Epilogo” che arriva prima della conclusione della vicenda, e che contiene un “Indice dei Plagi”, in cui tale Sydney Workman (un critico letterario fittizio) racconta che in questo suo romanzo Gray ha rubato ovunque, da Shakespeare alla Bibbia, da Walt Disney a Blake; “Epilogo” in cui assistiamo alle continue intrusioni di un personaggio chiamato “il re”, vale a dire “l’autore”, raffigurato come un eccentrico signore di mezza età, vestito in modo sciatto, con un leggero accento nasale e “un’espressione apprensiva e piuttosto codarda”. Pretenziosità (post)postmoderna? E dunque culto dell’ego autoriale, auto-riflessività letteraria, ironia giocosa e consapevole, parodia e frammentazione narrativa – tutti utilizzati come ingredienti compositivi? […]

…segue per 2 pagine nel numero 317 di Blow Up, ottobre 2024

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