20 ESSENTIALS: Techno 1985-1990
20 ESSENTIALS: Techno 1985-1990
di Christian Zingales con Luca Galli
IN PRINCIPIO è la dirimpettaia Chicago ad avviare la mutazione, con l’house che arriva nel suo afroamericano atto fondativo come una versione meccanizzata e ipnotica di quella che era la disco, sviluppando subito tutto un ventaglio di sfaccettature e declinazioni cromatiche ed atmosferiche. Tra gli appassionati di quel suono nuovo ed eccitante spicca un trio di ragazzi di Belleville, sobborgo a una trentina di chilometri a sud-est di Detroit. Si chiamano Juan Atkins, Derrick May e Kevin Saunderson, l’ultimo nato a Brooklyn ma trasferito nel Michigan a nove anni. Frequentano le stesse scuole superiori e il fine settimana vanno a Chicago ad ascoltare i DJ che nei primi ’80 raccontano la rivoluzione house, Ron Hardy e Frankie Knuckles. Suggestionati e coinvolti, coltivano però una loro dimensione con influenze precise cementate dall’ascolto quasi religioso dello show radiofonico The Midnight Funk Association di Charles Johnson aka The Electrifying Mojo, che di notte suona sulla detroitiana WGPR un mix di funk, new-wave ed elettronica, spaziando dai Kraftwerk ai Parliament, da Prince alla Yellow Magic Orchestra, passando per i B52’s. Se l’house nella città del vento ha riscontri e fruizioni popolari, quello che succede con i Belleville Three si colloca in una dimensione più intellettuale. I tre si focalizzano attorno a un trip. “La nostra percezione della musica era molto differente da quella che avveniva nei club, che pure sono stata una grande influenza”, ha raccontato Derrick May. “Ci trovavamo, spegnevamo le luci e mettevamo dischi di Bootsy Collins o della YMO: non l’abbiamo mai vissuto come intrattenimento ma in modo molto serio, come una sorta di filosofia”. I tre provengono da famiglie di media borghesia della comunità afroamericana di Belleville, cittadina dove era arrivata l’onda lunga della Motor City, l’industria automobilistica di Detroit. Nelle parole di Juan Atkins: “C’era una certa integrazione, quindi succedeva che noi ragazzi neri avessimo un approccio piuttosto snob, perché i nostri genitori magari erano diventati caporeparto e guadagnavano bene alla Ford o alla GM o alla Chrysler”. Un’attitudine che si riflette immediatamente nel suono messo a fuoco dall’85 in avanti dai tre e dalla scena che attorno a loro va formandosi. Una musica che ipermeccanizza le istanze dell’house e pone tutto in un limbo tra la strada e l’altrove, tra il funk e l’elettronica. “Techno è come George Clinton e i Kraftwerk chiusi in un ascensore”, sarà la brillante definizione del genere formulata da Derrick May. Ma sarà Juan Atkins il primo a indicare la via, nella sua collaborazione dall’81 all’85 con Richard Davis, reduce dal Vietnam, nei Cybotron, duo electro influenzato dai Kraftwerk ma anche, da parte di Davis, da Hendrix o dalla futurologia del sociologo newyorchese Alvin Toffler, autore di un testo classico come “Future Shock”. Atkins fa con Davis singoli come Clear e l’album “Enter” dell’83, ma nell’85 si stacca da Cybotron e va solo, fondando la sua etichetta Metroplex e iniziando a incidere a nome Model 500. […]
…segue per 18 pagine nel numero 296 di Blow Up, in edicola a gennaio 2023
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
IN PRINCIPIO è la dirimpettaia Chicago ad avviare la mutazione, con l’house che arriva nel suo afroamericano atto fondativo come una versione meccanizzata e ipnotica di quella che era la disco, sviluppando subito tutto un ventaglio di sfaccettature e declinazioni cromatiche ed atmosferiche. Tra gli appassionati di quel suono nuovo ed eccitante spicca un trio di ragazzi di Belleville, sobborgo a una trentina di chilometri a sud-est di Detroit. Si chiamano Juan Atkins, Derrick May e Kevin Saunderson, l’ultimo nato a Brooklyn ma trasferito nel Michigan a nove anni. Frequentano le stesse scuole superiori e il fine settimana vanno a Chicago ad ascoltare i DJ che nei primi ’80 raccontano la rivoluzione house, Ron Hardy e Frankie Knuckles. Suggestionati e coinvolti, coltivano però una loro dimensione con influenze precise cementate dall’ascolto quasi religioso dello show radiofonico The Midnight Funk Association di Charles Johnson aka The Electrifying Mojo, che di notte suona sulla detroitiana WGPR un mix di funk, new-wave ed elettronica, spaziando dai Kraftwerk ai Parliament, da Prince alla Yellow Magic Orchestra, passando per i B52’s. Se l’house nella città del vento ha riscontri e fruizioni popolari, quello che succede con i Belleville Three si colloca in una dimensione più intellettuale. I tre si focalizzano attorno a un trip. “La nostra percezione della musica era molto differente da quella che avveniva nei club, che pure sono stata una grande influenza”, ha raccontato Derrick May. “Ci trovavamo, spegnevamo le luci e mettevamo dischi di Bootsy Collins o della YMO: non l’abbiamo mai vissuto come intrattenimento ma in modo molto serio, come una sorta di filosofia”. I tre provengono da famiglie di media borghesia della comunità afroamericana di Belleville, cittadina dove era arrivata l’onda lunga della Motor City, l’industria automobilistica di Detroit. Nelle parole di Juan Atkins: “C’era una certa integrazione, quindi succedeva che noi ragazzi neri avessimo un approccio piuttosto snob, perché i nostri genitori magari erano diventati caporeparto e guadagnavano bene alla Ford o alla GM o alla Chrysler”. Un’attitudine che si riflette immediatamente nel suono messo a fuoco dall’85 in avanti dai tre e dalla scena che attorno a loro va formandosi. Una musica che ipermeccanizza le istanze dell’house e pone tutto in un limbo tra la strada e l’altrove, tra il funk e l’elettronica. “Techno è come George Clinton e i Kraftwerk chiusi in un ascensore”, sarà la brillante definizione del genere formulata da Derrick May. Ma sarà Juan Atkins il primo a indicare la via, nella sua collaborazione dall’81 all’85 con Richard Davis, reduce dal Vietnam, nei Cybotron, duo electro influenzato dai Kraftwerk ma anche, da parte di Davis, da Hendrix o dalla futurologia del sociologo newyorchese Alvin Toffler, autore di un testo classico come “Future Shock”. Atkins fa con Davis singoli come Clear e l’album “Enter” dell’83, ma nell’85 si stacca da Cybotron e va solo, fondando la sua etichetta Metroplex e iniziando a incidere a nome Model 500. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000