20 ESSENTIALS: Neo Sixties-Garage
20 ESSENTIALS: Neo Sixties-Garage
di Roberto Calabṛ con Fabio Polvani
[nella foto: Fuzztones 1984]
Negli anni Ottanta il passato prova a ritornare prepotentemente alla ribalta e per un periodo ci riesce. È l’epoca di Reagan e della Thatcher, dello yuppismo e dell’individualismo dilaganti, dell’arena rock e del synth pop in classifica, delle oscurità gotiche, dell’algido post-punk e del velocissimo hardcore che dominano invece le scene alternative. Una parte della gioventù, negli States come in Europa, non si riconosce in quel presente. Preferisce guardare al passato - ai meravigliosi anni Sessanta - che appare assai più ricco di fascino: distilla buone vibrazioni, è cool, riverbera un senso perduto di comunità, offre un mondo tutto da scoprire, un oceano di suoni e di colori in cui immergersi per trovare la propria dimensione personale. I Sixties vengono visti, non a torto, come il periodo più eccitante e innovativo del Novecento. Non solo per la musica, ma anche per il cinema, la moda, il design, le arti grafiche, la poesia e la letteratura. È così che, quasi senza volerlo, quel decennio diventa oggetto di revival su scala mondiale in tutte le sue declinazioni: dal garage alla psichedelia, dal beat al pop.
In realtà gli anni Sessanta non se n’erano mai andati. Neppure con il punk che sembrava voler spazzar via tutto nell’urgenza del vivere “qui e ora”. Un esempio lampante? I Sex Pistols che avevano coverizzato (I’m Not Your) Steppin’ Stone dei Monkees e Substitute degli Who, con buona pace dei Clash per i quali non c’era spazio per “Beatles, Elvis or The Rolling Stones in 1977”. Stesso dicasi per i Damned che, a metà anni Ottanta, si celano dietro la sigla di Naz Nomad and The Nightmares per pubblicare un album (“Give Daddy The Knife Cindy”, 1984) zeppo di cover garage e psichedeliche. Sempre ai Sixties guardano i gruppi del revival mod di fine Settanta (Jam, Chords, Secret Affair, Lambrettas...) ispirati in tutto e per tutto dalle band inglesi - Small Faces, Who, Creation - di dieci anni prima. […]
…segue per 14 pagine nel numero 227 di Blow Up, in edicola ad Aprile 2017 al costo di 6 euro
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#227) al costo di 10 euro - spese postali incluse - e vi verrà spedito immediatamente via posta prioritaria. Se lo richiedete dopo il mese di riferimento dell’uscita vi verrà spedito, come ogni altro arretrato, con il primo invio mensile di abbonamenti e arretrati.
• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: risparmiate minimo 16 euro sul prezzo di copertina e avete la certezza di non perdere neanche uno dei numeri pubblicati garantendovi tutti gli eventuali allegati e i numeri speciali; in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale ve lo spediremo di nuovo.
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
[nella foto: Fuzztones 1984]
Negli anni Ottanta il passato prova a ritornare prepotentemente alla ribalta e per un periodo ci riesce. È l’epoca di Reagan e della Thatcher, dello yuppismo e dell’individualismo dilaganti, dell’arena rock e del synth pop in classifica, delle oscurità gotiche, dell’algido post-punk e del velocissimo hardcore che dominano invece le scene alternative. Una parte della gioventù, negli States come in Europa, non si riconosce in quel presente. Preferisce guardare al passato - ai meravigliosi anni Sessanta - che appare assai più ricco di fascino: distilla buone vibrazioni, è cool, riverbera un senso perduto di comunità, offre un mondo tutto da scoprire, un oceano di suoni e di colori in cui immergersi per trovare la propria dimensione personale. I Sixties vengono visti, non a torto, come il periodo più eccitante e innovativo del Novecento. Non solo per la musica, ma anche per il cinema, la moda, il design, le arti grafiche, la poesia e la letteratura. È così che, quasi senza volerlo, quel decennio diventa oggetto di revival su scala mondiale in tutte le sue declinazioni: dal garage alla psichedelia, dal beat al pop.
In realtà gli anni Sessanta non se n’erano mai andati. Neppure con il punk che sembrava voler spazzar via tutto nell’urgenza del vivere “qui e ora”. Un esempio lampante? I Sex Pistols che avevano coverizzato (I’m Not Your) Steppin’ Stone dei Monkees e Substitute degli Who, con buona pace dei Clash per i quali non c’era spazio per “Beatles, Elvis or The Rolling Stones in 1977”. Stesso dicasi per i Damned che, a metà anni Ottanta, si celano dietro la sigla di Naz Nomad and The Nightmares per pubblicare un album (“Give Daddy The Knife Cindy”, 1984) zeppo di cover garage e psichedeliche. Sempre ai Sixties guardano i gruppi del revival mod di fine Settanta (Jam, Chords, Secret Affair, Lambrettas...) ispirati in tutto e per tutto dalle band inglesi - Small Faces, Who, Creation - di dieci anni prima. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000