20 ESSENTIALS: Kraut Rock pt.2
20 ESSENTIALS: Kraut Rock pt.2
di Eddy Cilìa con Antonio Ciarletta, Luca Collepiccolo, Gino Dal Soler e Luca Majer
[nell'immagine: Kraftwerk 1977]
Chi è causa del suo mal pianga se stesso? Etichetta cui ancora si tende a rubricare, spesso errando come si annotava in ottobre in coda all’introduzione alla prima puntata di questo doppio “Essentials”, un po’ tutto quanto si produsse nella Germania Occidentale dai tardi ’60 e fin dentro la seconda metà del decennio successivo in ambito di popular music, il termine “krautrock” era già stato occasionalmente usato da John Peel quando a canonizzarlo provvedeva, in un articolo fiume uscito in tre parti sul “New Musical Express” nel dicembre 1972, Ian McDonald. Solisti e gruppi così incasellati - a proposito: i crauti parrebbero non averci a che fare (si sarebbe se no dovuto chiamare sauerkrautrock e c’è da dubitare che una sigla sì cacofonica avrebbe avuto fortuna), “kraut” nella lingua di Goethe indica le erbacce e nello slang dei suoi pro-pro-pronipotini felicemente degeneri un altro tipo di erba) - un po’ la prendevano con quel senso dell’umorismo di cui erano robustamente dotati e ingiustamente non viene quasi mai loro riconosciuto: già nel settembre ’73 (l’avevano inciso in giugno) i Faust sistemavano un pezzo intitolato beffardamente “Krautrock” in apertura di quel “IV” che suggellava la prima fase di un’epopea giunta ai giorni nostri. E un po’ se ne adombravano: e chi la rifiutava sdegnosamente, chi come alternativa proponeva “kosmische Musik”, in scia a Edgar Froese che così nel 1971 aveva descritto lo stile praticato dai suoi Tangerine Dream nelle note di copertina per “Alpha Centauri”. Definizione che piaceva a tal punto a quel marpione di Rolf-Urlich Kaiser che l’anno dopo intitolava “Kosmische Musik” un’antologia con dentro brani di Klaus Schulze, Ash Ra Tempel, Popol Vuh e degli stessi Tangerine Dream e da lì a un anno ancora analogamente battezzava una succursale della sua Ohr. Ma era stato nell’aprile 1971, in un’inserzione a tutta pagina apparsa sul “Melody Maker” della Bacillus Records, casa discografica di Francoforte che in tal modo passa alla storia e non certo in forza di un catalogo minuscolo e di poca o nulla sostanza, che per la prima volta era stato pubblicizzato come “krautrock” ciò che fino a quel momento ci si era limitati a chiamare, genericamente, German o Deutsch-Rock. Invenzione tedesca insomma, la cui origine pur sfuggita pressoché a tutti dovrebbe toglierle quel sottile stigma xenofobo rimastole viceversa attaccato. […]
…segue per 20 pagine nel numero 282 di Blow Up, in edicola a novembre 2021
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
[nell'immagine: Kraftwerk 1977]
Chi è causa del suo mal pianga se stesso? Etichetta cui ancora si tende a rubricare, spesso errando come si annotava in ottobre in coda all’introduzione alla prima puntata di questo doppio “Essentials”, un po’ tutto quanto si produsse nella Germania Occidentale dai tardi ’60 e fin dentro la seconda metà del decennio successivo in ambito di popular music, il termine “krautrock” era già stato occasionalmente usato da John Peel quando a canonizzarlo provvedeva, in un articolo fiume uscito in tre parti sul “New Musical Express” nel dicembre 1972, Ian McDonald. Solisti e gruppi così incasellati - a proposito: i crauti parrebbero non averci a che fare (si sarebbe se no dovuto chiamare sauerkrautrock e c’è da dubitare che una sigla sì cacofonica avrebbe avuto fortuna), “kraut” nella lingua di Goethe indica le erbacce e nello slang dei suoi pro-pro-pronipotini felicemente degeneri un altro tipo di erba) - un po’ la prendevano con quel senso dell’umorismo di cui erano robustamente dotati e ingiustamente non viene quasi mai loro riconosciuto: già nel settembre ’73 (l’avevano inciso in giugno) i Faust sistemavano un pezzo intitolato beffardamente “Krautrock” in apertura di quel “IV” che suggellava la prima fase di un’epopea giunta ai giorni nostri. E un po’ se ne adombravano: e chi la rifiutava sdegnosamente, chi come alternativa proponeva “kosmische Musik”, in scia a Edgar Froese che così nel 1971 aveva descritto lo stile praticato dai suoi Tangerine Dream nelle note di copertina per “Alpha Centauri”. Definizione che piaceva a tal punto a quel marpione di Rolf-Urlich Kaiser che l’anno dopo intitolava “Kosmische Musik” un’antologia con dentro brani di Klaus Schulze, Ash Ra Tempel, Popol Vuh e degli stessi Tangerine Dream e da lì a un anno ancora analogamente battezzava una succursale della sua Ohr. Ma era stato nell’aprile 1971, in un’inserzione a tutta pagina apparsa sul “Melody Maker” della Bacillus Records, casa discografica di Francoforte che in tal modo passa alla storia e non certo in forza di un catalogo minuscolo e di poca o nulla sostanza, che per la prima volta era stato pubblicizzato come “krautrock” ciò che fino a quel momento ci si era limitati a chiamare, genericamente, German o Deutsch-Rock. Invenzione tedesca insomma, la cui origine pur sfuggita pressoché a tutti dovrebbe toglierle quel sottile stigma xenofobo rimastole viceversa attaccato. […]
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000