20 ESSENTIALS: Elettronica Hi-Fi 2011-2016
20 ESSENTIALS: Elettronica Hi-Fi 2011-2016
di Valerio Mattioli

[nell'immagine: Daniel Lopatin / Oneohtrix Point Never]

Quelle che stiamo conoscendo in questi anni, avvertiva Antonio Ciarletta su queste pagine un po' di mesi fa, sono “musiche della transizione”. Il che potrebbe pure trovarmi d'accordo, se non altro per il semplice motivo che ogni epoca è per sua stessa natura transitoria, preludio e assieme anticipo di qualcos'altro. Il fatto però, è che la mia impressione è un'altra. E cioè che questa benedetta transizione sia già avvenuta, e che il panorama sonoro del 2016 è davvero qualcosa di altro e diverso rispetto a quello che conoscevamo solo cinque anni fa.
Non so bene come e quando è successo; di colpo, diciamo più o meno a metà dell'anno scorso, mi sono accorto che i dischi che a getto continuo stavano uscendo in ambito genericamente “elettronico”, facevano passare i loro omologhi di pochi anni prima per una roba inusitatamente vecchia. E dire che i passaggi me li ero seguiti più o meno tutti, a partire dal più iconico disco-scandalo di inizi anni '10: quel “Far Side Virtual” di James Ferraro che ancora nel 2011 “pareva una collezione di suonerie iPhone”.
Per non pochi ascoltatori, fu subito chiaro che quel disco (di cui si dice meglio oltre, polemiche incluse) rappresentava un potenziale punto di svolta per l'immaginario musicale del secondo decennio anni 2000. Ma per capire perché “Far Side Virtual” fu un disco tanto importante, bisogna effettivamente tornare a quello che erano le musiche indipendenti nello stesso periodo in cui Ferraro firmò il suo manifesto: senza troppi giri di parole, eravamo in piena Retromania (il libro di Simon Reynolds era uscito appena pochi mesi prima), con le playlist che abbondavano di titoli – spesso anche bellissimi – dalla calda pasta nostalgico-analogica, tutti intenti a disegnare i contorni di un futuro che poteva essere e che invece mai fu, e lo sguardo pervicacemente puntato all'indietro, in direzione di ere andate e passate per sempre: il misto di welfare state e fantascienza educational della hauntology, le memorie televisive anni '80 di hypnagogic pop e chillwave, finanche i ricordi sbiaditi della rave culture anni '90 del dubstep, erano tutti segnali di una difficoltà non dico a immaginare un futuro, ma proprio a raccontare il presente. […]

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