20 ESSENTIALS: British Folk-Rock 1968-1973
20 ESSENTIALS: British Folk-Rock 1968-1973
di Gino Dal Soler con Antonio Ciarletta, Roberto Municchi e Piergiorgio Pardo
Mi piace pensare che tutto abbia avuto inizio il primo maggio 1965 a Padstow, piccolo paese della Cornovaglia sulle cui colline si radunarono Martin Carthy, i Watersons, Luke Kelly dei Dubliners, Maddy Prior e Anne Briggs destinati ad esibirsi la sera, perlopiù senza accompagnamento, catturando l’attenzione di Joe Boyd in quella che anni più tardi in “White Bicycles” avrebbe definito una session memorabile: “Tutti avevano voci splendide e un’intensa sensibilità per il passato dell’Inghilterra rurale. I Watersons e Anne Briggs furono le superstar.” I Watersons erano una vera famiglia formata da due sorelle, un fratello e un cugino che cantavano tunes tradizionali dello Yorkshire, solo voci e nulla più, e lo stesso faceva quella “wild girl” di Anne Briggs, scombinata ragazza che si racconta andasse agli spettacoli in autostop sparendo dalla circolazione per intere settimane. Nessun altro la descrisse così bene qualche anno più in là, come Sandy Denny in The Pond And The Streams: “Annie wanders on the land, she loves the freedom of the air, she finds a friend in every place she goes…”
Mentore e produttore di Anne fu A. L. Lloyd, più semplicemente Bert Lloyd, un piccolo uomo dalle folte sopracciglia che tra la fine degli anni ‘50 e i primi ‘60, insieme al non troppo amato perché troppo ortodosso Ewan MacColl, restituì linfa vitale alla tradizione del british folk, in quel momento appannata dopo i tempi gloriosi del padre fondatore Cecil Sharp, compositore e musicologo che tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento raccolse e trascrisse sul territorio, direttamente dalla tradizione orale, testi e canzoni che riteneva memoria collettiva di un’intera nazione. Da quell’immenso songbook, oggi custodito alla Cecil Harp House di Londra, attinsero in molti tra i quali Shirley Collins, che in quel repertorio si immerse a piene mani. In quei primi anni da pionieri tutto sembrava importante, anche ascoltare vecchi cantanti tradizionali come George Maynard del Sussex o Harry Cox di Norfolk, che, occasionalmente invitati a suonare alla Cecil Sharp House, finirono per rappresentare uno standard per la Collins su impostazione e canto tradizionale. […]
…segue per 22 pagine nel numero doppio 266/267 di Blow Up, in edicola a luglio e agosto 2020
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#266-267) al costo di 10 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come piego di libri.
• Il modo migliore, più rapido, sicuro ed economico per avere Blow Up è l’abbonamento: non perderete neanche uno dei numeri pubblicati perché in caso di eccessivo ritardo o smarrimento postale vi faremo una seconda spedizione e riceverete a casa i quattro libri della collana trimestrale Director’s Cut il mese stesso della loro uscita per un risparmio complessivo di 60 euro!
Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
Mi piace pensare che tutto abbia avuto inizio il primo maggio 1965 a Padstow, piccolo paese della Cornovaglia sulle cui colline si radunarono Martin Carthy, i Watersons, Luke Kelly dei Dubliners, Maddy Prior e Anne Briggs destinati ad esibirsi la sera, perlopiù senza accompagnamento, catturando l’attenzione di Joe Boyd in quella che anni più tardi in “White Bicycles” avrebbe definito una session memorabile: “Tutti avevano voci splendide e un’intensa sensibilità per il passato dell’Inghilterra rurale. I Watersons e Anne Briggs furono le superstar.” I Watersons erano una vera famiglia formata da due sorelle, un fratello e un cugino che cantavano tunes tradizionali dello Yorkshire, solo voci e nulla più, e lo stesso faceva quella “wild girl” di Anne Briggs, scombinata ragazza che si racconta andasse agli spettacoli in autostop sparendo dalla circolazione per intere settimane. Nessun altro la descrisse così bene qualche anno più in là, come Sandy Denny in The Pond And The Streams: “Annie wanders on the land, she loves the freedom of the air, she finds a friend in every place she goes…”
Mentore e produttore di Anne fu A. L. Lloyd, più semplicemente Bert Lloyd, un piccolo uomo dalle folte sopracciglia che tra la fine degli anni ‘50 e i primi ‘60, insieme al non troppo amato perché troppo ortodosso Ewan MacColl, restituì linfa vitale alla tradizione del british folk, in quel momento appannata dopo i tempi gloriosi del padre fondatore Cecil Sharp, compositore e musicologo che tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento raccolse e trascrisse sul territorio, direttamente dalla tradizione orale, testi e canzoni che riteneva memoria collettiva di un’intera nazione. Da quell’immenso songbook, oggi custodito alla Cecil Harp House di Londra, attinsero in molti tra i quali Shirley Collins, che in quel repertorio si immerse a piene mani. In quei primi anni da pionieri tutto sembrava importante, anche ascoltare vecchi cantanti tradizionali come George Maynard del Sussex o Harry Cox di Norfolk, che, occasionalmente invitati a suonare alla Cecil Sharp House, finirono per rappresentare uno standard per la Collins su impostazione e canto tradizionale. […]
…segue per 22 pagine nel numero doppio 266/267 di Blow Up, in edicola a luglio e agosto 2020
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000